Sono stato in questi giorni ad Atene, che finisce per essere - per chi abbia avuto studi classici - una città imprescindibile.
Ci ero già stato, quando ero al Parlamento europeo, ma di sfuggita. La vera destinazione era allora il Nord della Grecia, ma ebbi il privilegio nel cammino per raggiungerla di sorvolare in elicottero questa città gigantesca. Nell’area metropolitana abitano ben 4 milioni di persone, che rappresentano circa il 38% degli abitanti di tutta la Grecia (stimati a circa 10.432.481).
Ho avuto spesso legami con politici greci nelle mie frequentazioni a Bruxelles, cercando di capire la particolarità della loro politica, che avevo seguito appena ventenne nel percorso verso l’Europa, dopo una cupa dittatura.
Nel resto della Grecia ci sono stato in vacanza in diverse località e ho sempre apprezzato questo popolo mediterraneo, che ha però un sacco di territorio montano.
Nel segnalare certe affinità bisogna avere l’assoluta accortezza di evitare una gaffe e cioè citare quella locuzione "una faccia, una razza", che fu inventata e diffusa dalla propaganda del governo fascista italiano durante la cosiddetta "Campagna di Grecia" (1940-1941) durante la Seconda Guerra Mondiale. L'obiettivo - che spiega perché bisogna evitare l’espressione - era quello di convincere i Greci che i due popoli fossero "fratelli" e di incoraggiare la loro collaborazione con le forze occupanti italiane.
Quando lavorai per l’inserimento dei Trattati europei delle zone di montagna, giusto per citare un tema concreto, i greci si dimostrarono preziosissimi per il loro appoggio politico nel lavorio sotterraneo per centrare l’obiettivo e avere un articolo 174, che un giorno si rivelerà ancora più utile di quanto sia stato sinora.
Atene resta un simbolo e vorrei dire che ne evoco il significato come omaggio al fatto che domani si riunirà ad Aosta il Consiglio Valle (espressione più bella di Consiglio regionale!) della nuova Legislatura.
Da vecchio parlamentarista e da valdostano auguro ogni bene ai consiglieri vecchi e nuovi.
Nel ricordare come certe radici della democrazia siano fatto antico.
Non si può negare il contributo della Grecia, e in particolare di Atene, alla democrazia contemporanea. La democrazia ateniese del V secolo a.C., pur con i suoi limiti (esclusione di donne, schiavi e stranieri dal voto), è stata considerata la culla della democrazia occidentale, grazie all'introduzione di concetti come la partecipazione diretta dei cittadini, l'isonomia (uguaglianza davanti alla legge) e il dibattito pubblico.
Ci sono stati elementi che hanno favorito l'innovazione politica e culturale, sottolineando il ruolo della partecipazione popolare e del sapere collettivo, pur nella consapevolezza delle evidenti diversità di contesto rispetto all’epoca contemporanea.
Resta evidente come il modello ateniese abbia ad esempio introdotto l'idea di sovranità popolare e di responsabilità politica.
Bisogno farlo “modus in rebus”. Basti pensare al contributo critico di Luciano Canfora, filologo classico e politologo, che ha criticato l’eccesso nella idealizzazione della democrazia ateniese e il suo uso ideologico nei secoli. La sua lente di lettura marxista gli si è, però, ritorta contro con la sottolineatura di una lettura eccessivamente di parte, specie laddove segnala il paradosso della democrazia ateniese: celebrata come culla della libertà, ma spesso usata per giustificare esclusioni sociali o politiche.
Una risposta venne, tra gli altri, da Giovanni Giorgini, esperto di filosofia politica antica e moderna, che pur riconoscendo i limiti della democrazia ateniese, ne ha sottolineato il valore come esperimento politico innovativo, capace di ispirare riflessioni profonde sulla libertà, l’uguaglianza e la partecipazione.
Evito di entrare in questa tenzone, ma valga solo come esempio - mai come di questi tempi di crisi della democrazia nel mondo - per dire di come le origini antiche servano proprio come elemento di partenza utile per riflettere sul presente.
E anche una piccola democrazia come quella valdostana deve cogliere ogni occasione di ripartenza per mettere in discussione la propria efficienza ed efficacia.
Penso alla questione della riscrittura dello Statuto e all’inaridimento delle norme di attuazione rimaste nei cassetti romani, mi riferisco alla necessaria e maggior visione europeista, guardo con preoccupazione al Parlamentino valdostano sprofondato più in interrogazioni e interpellanze che in discussioni politiche, segnalo la necessità di una legislazione regionale sempre più efficace e attenta anche alla fase discendente delle direttive comunitarie.
Potrei continuare, ma già questo breve elenco è una bella sfida.