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06 ago 2025

Leggere e scrivere

di Luciano Caveri

Ogni volta che vado nella casa costruita dei miei genitori mi soffermo nello studio di mio papà.

Da una parte ci sono libri di mio nonno e del mio bisnonno di varie materie classiche e scientifiche e dall’altra i libri messi assieme dalla mia famiglia, fra i quali spiccano i meravigliosi volumi dell’enciclopedia Larousse in francese.

Un concentrato di cultura che, messo in uno spazio ristretto, se potesse parlare sarebbe un coro meraviglioso e potente, che ci racconterebbe che cosa è stata per l’umanità la straordinaria scoperta dello scritto e la capacità di concentrare nel libro una forza espressiva di cui talvolta non abbiamo coscienza.

Ha scritto Umberto Eco: “Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d’infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant’Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Sheherazade”.

Oggi i libri sono in crisi e i saloni del libro strapieni e gli scrittori osannati alla presentazioni dei loro lavori rischiano di essere uno specchietto per le allodole, che nasconde un crescente vuoto pneumatico.

Ho sempre amato leggere: un vecchio signore, qualche tempo fa, mi ha lusingato dicendo che quando veniva a trovare mio padre si ricorda che spesso mi trovava che leggevo un libro. Volontà certo, ma anche la fortuna di avere in casa una libreria ben fornita e così, come una ciliegia tira l’altra, questo poi ha alimentato un desiderio di possesso dei libri e la coscienza che lì dentro c’era un mondo pulsante che ti sapeva aspettare.

Ha scritto Pier Paolo Pasolini: “Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura”.

Oggi io stesso mi ritrovo a leggere meno per colpa di questo aggeggio su cui sto scrivendo, il telefonino.

Con il mio fedele tablet e un po’ meno il computer ho una porta verso il mondo che riempie troppo il mio tempo grazie ad una straordinaria capacità attrattiva se non ipnotica. La stregoneria digitale offre strumenti di consultazione che fanno quasi paura.

Diventa rara la ricerca di spunti sui libri. La saggistica mi ha sempre attirato e non era solo il sottolineare certi passaggi utili, ma spesso era fatta di appunti con la matita per dire delle pagine che mi sarebbero tornate utili per scrivere o per i discorsi orali

Oggi consulti il Web con i motori di ricerca e l’Intelligenza Artificiale sta soppiantando anche questo come un servitore fedele che ti scodella prodotti persino preconfezionati.

Per fortuna che quel che hai letto e studiato ti consente di scansare certe terribili gaffe o colossali bufale con cui rischi figuracce se non avessi filtri tuoi che ti tutelano.

Eppure non si può pensare che la rivoluzione digitale si fermi e sgridare gli adolescenti ormai fissi sui loro schermi e rapiti da un mondo fatto di scorciatoie rispetto allo studio e alla lettura. Chi pensa al proibizionismo come soluzione non vede la luna ma il dito che la indica. I libri non possono essere imposti, ma bisogna anche fare in modo che non scompaiano non solo perché concentrano nelle loro pagine il sapere. Ma anche perché trascinerannonell’abisso, se smetteranno di essere il patrimonio che sono, anche la capacità di scrittura.

Leggevo, sorridendo, un articolo sui messaggini vocali su Whatsapp che dimostrano una straordinaria vitalità e che si allungano come tempi a seconda dell’intelligenza di chi li manda. Se sono brevi hai a che fare con una persona intelligente che ti manda un avviso, un flash. Se diventa di minuti, allora si apre per il tuo interlocutore un abisso di ignoranza. Parla per nascondere un analfabetismo di partenza più che di ritorno oppure esibisce una forma di moderna maleducazione.

Insomma: non ho una soluzione e chissà quale sarà alla fine l’evoluzione umana se saremo cervelli vuoti di conoscenze proprie.