Nella vita fa abbastanza sorridere il fatto che, senza che neanche tu te ne accorga, ti trovi ad essere una memoria storica.
Aveva ragione Oscar Wilde a dire: ”La memoria è il diario che ognuno porta sempre con sé."
Così è per la politica valdostana che seguo ormai, come giornalista e poi dal di dentro, da oltre 45 anni.
Lo scrivo a caratteri piccoli, perché da qualche tempo esiste una caccia ai babyboomer e non vorrei finire in una carniere.
Credo che sia legittimo - avendo pure vissuto dall’interno tanti passaggi cruciali - chiedersi che cosa sarebbe la Valle d’Aosta di oggi se non ci fosse stata l’Union Valdôtaine ine, come anomalia in positivo rispetto ai progressivi cambiamenti della partitocrazia italiana.
La mia risposta è chiara: dobbiamo ancora oggi ringraziare – e l’occasione verrà per l’ottantantesimo anniversario dalla sua fondazione – per quanto avvenne il 13 settembre del 1945 con la nascita dell’UV.
A firmare l’atto dalla valenza storica con cui nacque il Mouvement furono sedici persone, che qui vorrei citare una ad una: Flavien Arbaney, geometra, Aimé Berthet, insegnante, Louis Berton, dottore in legge, Robert Berton, insegnante, Amédée Berthod, pittore, Lino Binel, ingegnere, Joseph Bréan, canonico di Sant'Orso, Charles Bovard, canonico di Sant'Orso, Séverin Caveri, avvocato, Albert Deffeyes, insegnante, Paolo Alfonso Farinet, dottore in legge, Joseph Lamastra, veterinario, Félix Ollietti, notaio, Ernest Page, avvocato, Jean-Joconde Stévenin, canonico di Sant'Orso, Maria Ida Viglino, insegnante.
Chi conosce la storia valdostana sa bene la ricchezza umana e lo spessore culturale di questo elenco di persone spesso dimenticate a vantaggio di meno meritevoli.
Si riunirono all’indomani dell’emanazione dei decreti luogotenenziali, che sancivano la prima forma di autonomia del secondo dopoguerra.
Lo facevano, in realtà, perché insoddisfatti dell'esito della lunga lotta per l’Autonomia valdostana, giusto a pochi mesi dalla fine della Seconda guerra mondiale. Le aspettative erano grandi e il contenuto dei decreti, firmati da Umberto II di Savoia, allora Luogotenente del Regno, fu considerato poca cosa rispetto alle speranze e pure le promesse maturate nel corso della Resistenza.
Si aprì dunque un periodo assai effervescente, almeno sino all’emanazione dello Statuto speciale del 1948 come legge di rango costituzionale votata dalla Costituente.
Di certo l’esistenza dell’Union fu un marchio di fabbrica della differenza politica espressa in Valle d’Aosta per un’azione forte verso Roma in un quadro internazionale che vide la ”question valdôtaine” all’attenzione di diplomazie e cancellierati.
Alcuni degli esponenti dell'Union Valdôtaine dell'atto fondativo lasceranno l’Union , aderendo ad esempio alla Democrazia Cristiana ed al Partito Comunista per l’evidente polarizzazione politica del dopoguerra.
Altri, come mio zio Séverin, che sarà leader dell’UV e protagonista della politica locale, sceglieranno la strada di un rafforzamento del partito per farlo sopravvivere anche in periodi cupi.
Ha scritto e condivido, Claudio Magnabosco, tra i pochi in passato ad avere trattato l'argomento in profondità: ”L'Union Valdôtaine nacque stando nei limiti della democrazia possibile a quei tempi ed in quel contesto, l'Italia, e, pur preconizzando la conquista - nel futuro - delle più ampie libertà, sposò la proposta autonomista, facendo del progetto federalista un mito ed un'ideologia. Gli uomini dell'Union Valdôtaine erano convinti che la ricostruzione socio-economica della Valle d'Aosta fosse possibile solo se i valdostani potevano iniziare immediatamente ad autogovernarsi: per questo accettarono le pur ridotte forme di autonomia previste dai Decreti e, poi, dalla Statuto. Non si può dimenticare che il movimento dell'Union Valdôtaine nacque facendo propri tutti i principi espressi nella "dichiarazione di Chivasso" nel 1943, che preconizzava la trasformazione dello Stato italiano in Stato federale“.
L’UV era aperto a tutti coloro, come recita l'articolo II dello Statuto, “qui donnent assurance d'être fidèles et dévoués à la cause valdôtaine”. Nel preambolo dell'atto fondativo così motivarono la nascita dell'UV: ”Fonder une association valdôtaine ayant pour but de promouvoir et de défendre les intérêts de la Vallée d’Aoste”.
Non mi metterò ad elencare le diaspore che nei decenni successivi hanno caratterizzato la vita del Mouvement e non lo farò neanche in chiave autobiografica per la l’inutilità di vivere il presente, guardando nello specchietto retrovisore, che è cosa diversa dal mantenere un esatto ricordo degli eventi.
Mai come in questo frangente, con il Governo nazionale che abbiamo e con la situazione mondiale delicatissima, l’Union Valdôtaine deve dimostrare nella ritrovata unità un ruolo decisivo per le molte sfide del futuro.
Essere ancora oggi sulla scena non un cascame del passato e la resilienza dimostrata in mezzo a molti attacchi e avversità spero venga considerata una garanzia importante da parte dei cittadini.
Scegliere la sicurezza e la solidità evita salti nel buio o inseguire sirene e mode che non farebbero del bene alla Valle d’Aosta.