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11 feb 2025

La rinuncia riempita da altri

di Luciano Caveri

Schierarsi. Ci sono occasioni in cui anche chi nicchia deve prima o poi decidere se far finta di niente o occuparsi di quanto rischia di cadergli sulla testa.

Albert Einstein, visse quanto avvenne a partire da un secolo fa con il triste affermarsi di dittature feroci come fascismo e nazismo e visse il dopoguerra con la cappa della bomba atomica e il dispiegarsi delle dittatura comunista nella sua Europa di origine. Per cui si capisce bene una sua frase: “Il mondo è troppo pericoloso per vivere, non a causa di quelli che fanno del male, ma a causa di quelli che guardano senza fare nulla”.

È proprio così e bisogna riflettere sulla crisi profonda della democrazia nel mondo. Pareva che fosse un’ovvietà il suo dispiegarsi come modello ed invece oggi si fanne i conti non solo con una crescente instabilità, ma anche con una profonda messa in discussione di valori e idee su cui si pensava che mai ci sarebbero stati dei passi indietro.

Si possono a lungo palleggiare le responsabilità e i politologi da tempo suonano allarmi sul tema. Ma la constatazione è che oggi il “modello Trump” e la sua totale estraneità a elementari elementi di diritto costituzionale stride con le speranze e pure la retorica sul nuovo secolo e sul nuovo Millennio, che tutti noi avevamo fatto mettendo le mani avanti 25 anni fa.

Oggi questi anni Venti - pure se la Storia mai si ripete in modo automatico - esistono analogie che ci fanno temere che - mutatis mutandis - le guerre in corso si possano allargare e che visioni autoritarie tornino sotto nuove forme in incubi orwelliani.

Elia Wiesel, che non conosceva l’elemento soporifero del mondo digitale e la straordinaria capacità di manipolazione dei nuovi media sul Web, ammoniva: “Nella vita bisogna schierarsi. La neutralità aiuta l’oppressore, mai la vittima”.

L’indifferenza uccide ogni impegno in politica e ogni dovere legato alla cittadinanza, perché non ci sono solo i diritti. Insisteva Bertolt Brecht, che lessi ai tempi del liceo:“Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.”

Ci pensavo su due temi che mi stanno a cuore. Il primo: giorni fa, ero ad un incontro sui temi dello studio e del lavoro nell’Unione europea, e di fronte a me avevo proprio scolaresche dell’età di quando ero a scuola e cercavo un mio modo di pensare e scoprivo la politica.

Ebbene, ammetto di avere provato tenerezza per questi ragazzi che seguivano una mia introduzione sul ruolo dell’Europa, in una chiave storica condita dalle mie esperienze personali proprio dai primi passi di una certa consapevolezza. Come si fa a non avere un moto di preoccupazione per il loro futuro?

Quanto si gioca oggi sull’avvenire del Vecchio Continente peserà sulle loro vite e, nell’età in cui cresce come funghi nel corpo e nell’intelletto, bisogna capire il quadro in cui si vive. Avere consapevolezza e questo non è solo un esercizio per noi adulti, perché il testimone dev’essere passato a chi verrà dopo di noi non solo in modo meccanico, ma per la necessità di capire.

Comprendere in primis che cosa sta succedendo e quali pericoli aleggiano come degli avvoltoi, se non si dimostra di essere vivi e attivi.

Il progetto d’integrazione europeo resta una caposaldo per contare qualcosa nel mondo contro le spinte autoritarie degli uni e degli altri, in barba ai gufi che godono del male altrui e ai becchini che vorrebbero chiudere le libertà in una tomba.

Ma - secondo aspetto - nessuno regala la consapevolezza politica e l’impegno civico. Nessuno bussa alla porta per parlare dei timori e delle storture. Per questo bisogna avere il coraggio di capire e di impegnarsi.

Altrimenti ci sarà il vuoto della rinuncia, riempito da altri anche con quanto non ci piace affatto.