È sempre bene per chi è autonomista seguire con curiosità quanto avviene nel rapporto fra Stato e Regioni, specie se si tratta di Regioni autonome come la Valle d’Aosta.
Poche ore fa, il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, ha deliberato di impugnare la legge della Regione Sardegna (n. 5 del 03/07/2024, recante “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali”), “in quanto talune disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale ed europea”, violano la Costituzione.
In particolare legge regionale in questione, approvata dalla Sardegna lo scorso 3 luglio, introduce una moratoria di 180 giorni sulle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti rinnovabili e questo stride, dice il Governo, con normative che mirano a sviluppare in fretta le energie rinnovabili in Italia.
Va detto che la legge nasce come risposta ad un movimento popolare in particolare contro l’installazione delle pale eoliche sull’isola, capitanata da un quotidiano locale e da comitati di cittadini. Queste polemiche hanno riguardato anche la società elettrica valdostana CVA, che ha presentato domanda per impianti di questo genere sull’isola e il giornale in questione ha messo la stessa Regione Valle d’Aosta sul banco degli imputati. Ma questo poco importa, perché fa parte di un disegno più vasto e certe dichiarazioni contro la Valle hanno solo una logica strumentale e disinformata.
Quel che conta - come dice una valutazione uscita su Huffpost - è che il centrosinistra in Sardegna va in direzione opposta alle politiche ambientaliste – spesso identificate come un cavallo di battaglia del progressismo – mentre il centrodestra nazionale cerca di favorirle. In Italia nulla deve stupire.
Leggo su di un’altra testata che il Wwf interviene sulla questione riguardante la produzione di energia da fonti rinnovabili. La transizione energetica, sottolinea l’associazione ambientalista, rappresenta una grande opportunità per l’isola, che oggi produce energia per il 75% da fonti fossili. Secondo l’associazione ambientalista, di là della moratoria votata nei mesi scorsi dalla giunta Todde, che deve essere affrontato: la perdurante mancanza di una pianificazione, che in Sardegna è resa ancor più evidente che nel resto del Paese dai numeri delle richieste pendenti rispetto agli obiettivi che la Regione è chiamata a rispettare: “Che in Sardegna interessi economici legati all’energia fossile stiano cercando di strumentalizzare la battaglia per la difesa del territorio che da più parti è stata intrapresa è purtroppo un dato evidente“, scrive in una nota il Wwf. ”Che questa strumentalizzazione stia portando alla diffusione di notizie false che non giovano al confronto è altrettanto evidente”.
Sul giornale “Quale energia” si segnalano i retroscena sulla campagna dell’Unione Sarda contro l’eolico: ”Va detto che, parallelamente, l’Unione Sarda è contraria allo spegnimento delle centrali a carbone sarde previsto dal Pniec entro il 2026. Senza carbone, “non esiste alcuna strategia concreta e definita per dare energia a un’Isola intera”, considerato l’opposizione “insperata” al “piano di occuparla e devastarla di pale eoliche e pannelli fotovoltaici”, scriveva ad esempio a marzo 2024 Mauro Pili, forse ignorando gli scenari Terna che prevedono entro il 2030 che sull’isola non si produca elettricità né da carbone né da gas grazie alle nuove interconnessioni. L’Unione difende invece a spada tratta la metanizzazione dell’isola”.
A questo evidentemente si riferisce il WWF. Tralascio altri particolari, perché mi pare ci siamo capiti ed esiste ormai nel mondo intero un braccio di ferro fra energie fossili e rinnovabili con ingenti interessi in gioco, che si sveleranno sempre più.
Colpisce ancora un lungo articolo di uno dei simboli della Sinistra italiana, Luciana Castellina (classe 1929) che su Il Manifesto, di cui fu fondatrice, osserva: “Trovo sacrosante le preoccupazioni della presidente della Sardegna Todde nei confronti di iniziative non controllate e non condivise dalla popolazione, e spesso decisamente sbagliate, purtroppo molto diffuse, è tuttavia è decisivo operare per dare soluzione al problema ricorrendo innanzitutto alle sole energie in grado di dare una risposta stabile: le rinnovabili”.
E ancora: “Occorre un assai serio impegno politico a combattere le più insidiose campagne mistificatorie. Buon ultima, stiamoci attenti, quelle che sta dando spazio all’assurda idea che proprio le energie rinnovabili siano il nemico, una nuova, ridicola versione della questione meridionale: il capitale del nord che ruberebbe sole vento e terra al Sud”.r
Fa sorridere che Todde sia pentastellata e che il loro fondatore Grillo sia stato fra i primi a parlare di rinnovabili.
Su Sette, infine, c’è un articolo interessante di Giorgia Bollati che parte dal paradosso evidente del fatto che i mulini a vento non hanno avuto nemici e fanno simpatia, mentre le pale eoliche ne hanno parecchi e non solo in Sardegna dove sono considerate da un moto popolare persino peggio del…carbone.
Nell’articolo c’è una dichiarazione di Ermete Realacci, uno dei padri storici dell’ambientalismo italiano: ”Bisogna valutare se le scelte necessarie rispondono a un'idea di futuro che produce anche benessere e nuova bellezza», evidenzia Realacci. «Non è stato certo così per il carbone del Sulcis in Sardegna, che ha assorbito enormi quantità di denaro pubblico senza garantire lavoro stabile. Le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici sono poi facilmente rimuovibili e possono essere progettati per riutilizzarne i materiali. L'87 per cento degli impianti per la produzione di energia elettrica costruiti nel mondo nel 2023 sono alimentati da rinnovabili. Non solo perché contrastano la crisi climatica: quell'energia costa meno dei combustibili fossili e del nucleare. In Italia, l'Enel ha avviato in Sicilia, vicino Catania, il più grande stabilimento per moduli fotovoltaici d'Europa, e a Taranto è in costruzione, dalla danese Vestas, che impiega qui 1.300 persone, la più grande pala eolica del mondo”.
Osserva di seguito la giornalista: “Occorre un compromesso che consenta un'innovazione nel segno della bellezza e un'economia a misura d'uomo. D'altra parte, con il tempo i mulini dei secoli scorsi sono diventati un simbolo culturale di comunità ben gestita”.
Sarà un’iperbole, ma questo consente di restare con i piedi per terra rispetto a moti di piazza, che sembrano un fenomeno emotivo ben orchestrato con molti manifestanti in buona fede, ma che non fa fare passi in avanti nel conciliare esigenze diverse di tutela e sviluppo, che il buonsenso può consentire.
Magari ragionando, invece, sulla buona fede, di chi si trasforma in capopopolo e lancia in resta si batte contro le rinnovabili, sfruttando con afflato populistico il proverbiale e ammirabile senso identitario dei sardi nel difendere la loro isola.