Leggo degli stupratori di Palermo e poi, nelle ore successive come spesso avviene nella cronaca nera, di un incatenamento di episodi simili, persino - trattengo il fiato nello scriverlo - peggiori. Sociologi, psicologi, politici, editorialisti vari si sono detti giustamente preoccupati da questa violenza insensata e - ascoltando le conversazioni intercettate della banda di violentatori - stordisce l’ignoranza e la pusillanimità dei protagonisti del tutto consapevoli così come emerge, con buona pace degli avvocati difensori. Leggevo in queste ore su Le Monde di un processo che si sta svolgendo in Corsica contro tre ragazzi tifosi della squadra locale, che aveva una partita importante contro il Marsiglia. Poco prima del match, questi giovani corsi avevano visto una persona con la maglia della squadra francese e questi come gesto di scherno aveva fatto loro il dito medio. Come vendetta insensata, avevano deciso di aggredire la sua famiglia in modo orrendo. Così scrive Le Monde: “Avant le coup d’envoi de l’ultime journée de Ligue 1, ils avaient pénétré dans une loge où se trouvaient Kenzo, 8 ans, souffrant d’un cancer au cerveau, et son jeune frère. Assenant deux coups de poing au visage du père, Laurent Canlay, tandis que Kenzo était violenté”. Aggiungendo un passaggio dell’accusa: “ «Ce dossier avait connu un fort retentissement médiatique, il a ému la France entière parce que cela touchait un enfant malade», a rappelé le représentant du ministère public, soulevant que cela «mettait également en lumière la violence dans les stades, qui ne doivent pas devenir des zones de non-droit»” La violenza sulle donne, la violenza negli stadi, la violenza nelle strade e pure nelle scuole. Possiamo stilare classifiche del peggio con tragica facilità. Sicuramente persiste in particolare un mondo maschile gravemente incapace di capire che cosa sia il rispetto per il mondo femminile e questo avviene in generazioni di giovanissimi che dovrebbero avere tutti gli strumenti per evitare la barbarie. Leggevo quanto ha scritto il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, David Lazzari, in una lettera inviata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: ”Come un secolo fa non c'era bisogno dell'educazione motoria perché la si faceva vivendo, prima che la società diventasse sedentaria, oggi la scuola è chiamata nei fatti ad occuparsi della dimensione psicologica dei ragazzi, perché i giovani portano tutta la loro realtà nel contesto scolastico. Credo che sia venuto il momento di rendere sistematica e strutturale l'educazione alla psiche nelle scuole, di aiutare studenti e docenti nella promozione delle risorse psicologiche, delle competenze per la vita”. È una dichiarazione non contestabile di fronte a certe vicende che dimostrano l’esistenza di sacche di disagio mentale e di un degrado imbevuto di violenza. Per altro il periodo pandemico ha confermato come lo psicologo nelle scuola possa avere un ruolo importante. Ma vorrei aggiungere un pensiero. Mi permetto di dire, essendomi occupato in questi ultimi anni della scuola, di un’impressione sgradevole che ha tutto un suo fondamento. Lo si vedeva dalle numerosissime richieste di tutti i generi che giungevano in Regione (la Sovrintendenza agli Studi in Valle d’Aosta è organo regionale) per poter intervenire nelle scuole per i più vari aspetti formativi ed educativi. Fare filtro non è facile e nel caso valdostano è persino nato, accanto a molte iniziative assunte nel quadro dell’autonomia scolastica, un vero e proprio catalogo riassuntivo di quanto può essere proposto a beneficio degli studenti. Giusto, ci mancherebbe altro, ma - almeno in molti casi - questa scelta di scaricare tutto sulla scuola sembra delegittimare il ruolo capitale della famiglia, immaginando un permanente potere sostitutivo della scuola, che diventa contenitore di tutto, quando ha nell’apprendimento il suo ruolo centrale. Ci si rende conto che il rischio è quello di creare degli alibi per molti genitori incapaci e talora persino lassi. quando i figli cadono in situazioni illegali? Esiste una responsabilità genitoriale! Capisco che sono temi non semplici, così come bisogna - senza fare gli sceriffi- considerare come la prevenzione sia essenziale, ma non ci dev’essere paura pure degli aspetti penali opportunamente repressivi. La comprensione e la riabilitazione restano elementi cardine della giustizia, ma quando si vedono certe storie di giovani delinquenti ci si chiede come mai non siano stati fermati prima. E poi, non a caso, arrivano conseguenze già scritte da tempo.