Guardare al futuro è doveroso, anche se può apparire un peso, specie quando ci si trovi a soffermarsi sulle preoccupazioni. Eppure questo esercizio indispensabile va coltivato. Ha scritto Karl Popper: “Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori. Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte”. Ci pensavo leggendo l’incipit di un articolo su Le Monde scritto da “Luc Broussy esponsable du cercle de réflexion Matières grises et copilote du Conseil national de la refondation consacré au bien-vieillir”. Ah! La vecchiaia! Prospettiva ineluttabile, quando ci si arriva vivi e problema sociale che mi pare ancora non sufficientemente affrontato in prospettiva. Dicevo dell’inizio dell’articolo in un parallelo interessante:”« Notre maison brûle et nous regardons ailleurs », s’exclamait Jacques Chirac au Sommet de la Terre à Johannesburg, en 2002. Vingt ans plus tard, il serait tout aussi légitime d’ajouter : « Notre maison vieillit et nous regardons ailleurs », tant la certitude du réchauffement climatique n’a d’égale que l’inéluctabilité du vieillissement de la population”. Non vi tedierò sulle previsioni di vario genere sulla situazione valdostana, che già registra uno squilibrio fra morti e nati che evidenzia una feroce crisi demografica. I numeri sono ancora più cupi per le conseguenze di una comunità con una componente crescente di anziani da accudire più invecchiano e con problemi di copertura non solo dell’erogazione dei pensioni, ma di lavori indispensabili che saranno sempre più difficili coprire . Bisogna essere pronti. Così semplifica in termini generali Broussy: “S’il est impossible de prévoir le niveau des taux d’intérêt à six mois ou la météo à huit jours, on connaît en revanche à la virgule près le nombre de personnes qui seront âgées de 85 ans et plus en 2050. Et pour cause : les baby-boomeurs nés entre 1945 et 1965 sont potentiellement les nonagénaires des années 2035-2055”. Spero di far parte della partita, a condizione di stare bene e non essere un peso per nessuno, segnalando che la crescita riguarderà anche chi, in quei medesimi anni, avrà fra i 75 e gli 84 anni. Su questo punto la prima sottolineatura è importante: ”La première consiste à permettre aux « 75-84 ans » de conserver le plus longtemps possible leur autonomie en bénéficiant d’un logement adapté, en sauvegardant des liens sociaux,,en évoluant dans un environnement urbain bienveillant (transports et mobilier urbain adaptés, voirie sécurisée, accès aux commerces, aux résidences seniors ou à un habitat inclusif…). Figurarsi quindi che cosa bisognerà fare in paesi di montagna, dove già oggi lo spopolamento picchia duro. Seconda considerazione: ”La seconde nécessite d’anticiper à l’horizon 2030 les solutions permettant de faire face aux défis de la dépendance : création d’établissements et de services, embauche de personnels supplémentaires, meilleure solvabilisation des bénéficiaires et des aidants…”. Già oggi in Valle d’Aosta abbiamo carenze di medici, infermieri e soprattutto di OSS, che sta per operatore socio sanitario. Vengo all’ultima citazione utile dall’articolo: ”Ajoutons un constat sociologique à ce constat démographique : les personnes qui auront 85 ans en 2030 avaient 23 ans en mai 1968. Autant dire que cette nouvelle génération de seniors ne s’en laissera pas conter. Elle voudra maîtriser son vieillissement et refusera qu’on lui impose des solutions standardisées”. Insomma: saremo - per chi ci arriverà come boomer di lunga durata - vecchietti esigenti e rivendicativi. Meglio pensarci ora per domani.