È sempre stato interessante per me avere due cappelli. Quello del giornalista, visto che l’ho sempre considerata una passione sfociata in quello è sempre stato il mio lavoro, che ho cominciato a fare nel 1978, assunto come praticante alla Rai nel 1980 e poi diventato professionista e lo sono da più di 40 anni. E l’altro cappello è quello di politico e in questo caso gli anni, compresi quelli non elettivi, sono 35. Per cui ho sempre trovato naturale in quest’ultima attività avere un rapporto con i miei colleghi giornalisti della massima trasparenza e non mi sono mai sottratto alle loro richieste di qualunque genere. Così come - lo state verificando anche ora - ho continuato a scrivere quel che penso su argomenti disparati ed è uno spazio di mia libertà di pensiero, che talvolta mi è valso qualche rimprovero di chi dice "ma dovevi proprio scrivere di quella cosa?”. Dovevo farlo. Mi incuriosisce molto il fatto che sempre più esponenti politici sfuggono a domande e richieste dei giornalisti, usando direttamente i Social ed evitando le intermediazioni a discapito dei rapporti usuali con la stampa. Ne scrive Andrea Garibaldi sul sito Professione Reporter di cui é Direttore, dopo una lunga e prestigiosa carriera, con la (il) Premier Meloni nel mirino. Dice Garibaldi: ”Giorgia Meloni è Presidente del Consiglio in Italia da dieci mesi, e ormai si può dire: c’è un suo stile nei rapporti con l’informazione. Stile che tende al rapporto diretto con gli elettori e al ridimensionamento dei giornalisti. Un problema, prima di tutto, per i giornalisti stessi, che dovrebbero approntare contromisure. Meloni non inventa nulla, mette in atto ciò che si chiama “disintermediazione”, la fine del ruolo di mediazione dei giornalisti fra politici e pubblico (nell’interesse del pubblico). Avviato e facilitato dall’avvento dei social. Ma Meloni, più dei suoi predecessori, affonda i colpi”. La diagnosi è impietosa: ”L’idea di fondo sembra essere quella di guidare l’informazione sull’opera di governo, scegliere, stabilire. Tempi e luoghi. Non un confronto serrato e paritario fra “quarto e quinto potere” -stampa e tv- e governanti, bensì una tendenza continua al controllo di questi ultimi su quelli”. Racconta a questo proposito una modalità recente che mi era oscura, pur avendo letto le interviste. Spiega Garibaldi: ”L’ultimo episodio vede però ancora i giornalisti sulla scena. Dopo molte insistenze dei giornalisti, Palazzo Chigi cede a un format “tradizionale”. E’ il 14 agosto quando Corriere della Sera, Repubblica e Stampa pubblicano in contemporanea un’intervista a Meloni che è composta dalle stesse domande e dalle stesse risposte, riformulate nell’ordine e nello stile di ciascun intervistatore. Meloni è a Ceglie Messapica, in Puglia, in un resort che ha scelto per le sue prime vacanze da presidente del Consiglio. I tre principali quotidiani italiani hanno spedito loro inviati sul luogo, come si fa da molti anni (genere: “le vacanze del Premier”). Meloni è blindatissima. Dalle pareti del resort non escono notizie. Arriva però l’ok per l’intervista collettiva. I tre inviati (Monica Guerzoni, Emanuele Lauria e Francesco Olivo) non sono ricevuti “a palazzo”, ma si collegano via telefono, per oltre mezz’ora, con le domande concordate fra loro. Una modalità che rispetto all’incontro di persona tiene fuori ambientazione, umori, mimica, toni. Ma è pur sempre una fonte di informazioni di prima mano. E Meloni non chiede di rileggere, come ormai fanno anche politici di terza fila”. Segue poi un’accurata ricostruzione di questa scelta meloniana dagli esordi del suo Governo sino ad oggi: “E’ dal 4 dicembre 2022, poco più di un mese dopo la successione a Mario Draghi, che si vede il sentimento di Meloni -e dei suoi spin doctors- nei confronti dell’informazione. Su Facebook appaiono “Gli appunti di Giorgia”, conversazione -a senso unico- con gli utenti sugli atti di governo. Il 31 gennaio 2023, dopo cento giorni a Palazzo Chigi, viene prodotto e diffuso (31 gennaio 2023) sui social un video di 7 minuti intitolato “Cento azioni in cento giorni”, in cui Meloni illustra, senza contraddittorio, le sue prime realizzazioni. Il 9 di marzo a Cutro, dove sono morti annegati 100 migranti, Meloni affronta i giornalisti per la prima volta con il suo nuovo portavoce Mario Sechi. Succede un fatto curioso. Irritata dalla domanda di un cronista, Meloni chiede: “Qualcuno pensa davvero che il governo o le istituzioni italiane non hanno fatto qualcosa che avrebbero potuto fare?”. Cioè: fa una domanda, anziché dare risposte”. Ma non basta: “Il 1° maggio arriva il piano sequenza girato a Palazzo Chigi, con Meloni che spiega il taglio ai costi del lavoro e alla fine entra nella sala del governo riunito. Tre minuti e 34 secondi, pronto ed efficace per tv e siti. Il 7 giugno a Tunisi Meloni vede il presidente Saied, proprio per affrontare il tema migrazioni. Alla fine parla per nove minuti e dodici secondi davanti a un microfono e a un leggìo, alcuni fogli di carta, perfino un flash, fra due portoni di legno e con due vasi di fiori in un corridoio sullo sfondo. Sembra che si rivolga agli spettatori, ma non è così, è una finta conferenza stampa, la sala è vuota, i giornalisti non ci sono. L’appuntamento con i rappresentanti dell’informazione in ambasciata è stato annullato “per il prolungarsi degli incontri con le istituzioni tunisine”. I nove minuti e dodici secondi di monologo finiscono su tutti i canali social di Meloni. Il 16 luglio Meloni presenta a Termini (con il ministro Sangiuliano) il treno Roma-Pompei. Cinquanta giornalisti -italiani e stranieri- vengono chiusi in un vagone, non possono fare domande, fotografare, filmare. Compresi quelli televisivi, che riceveranno le immagini da Palazzo Chigi. Lo stesso giorno Meloni rivola a Tunisi con Von Der Leyen, Presidente della Commissione europea, e il Premier olandese Rutte, per firmare il memorandum Ue-Tunisia sui migranti. Per i giornalisti, nessuna possibilità di fare domande. Il 19 luglio Meloni è a Palermo, per ricordare Borsellino. Non partecipa alla fiaccolata, ma depone una corona all’interno della caserma Lungaro, ufficio scorte. I giornalisti vengono invitati ad accreditarsi, poi ricevono un messaggio: la stampa non è ammessa alla cerimonia. E’ la prima volta, nella storia della ricorrenza”. Garibaldi poi, in modo analitico, si occupa della seconda modalità comunicativa, che le consente di sfuggire alle domanda/risposta con i giornalisti, che definisce la “politica epistolare” e cioè le lettere inviate e poi pubblicate sui giornali, evitando il confronto che immagino sia considerato scomodo. L’apoteosi del monologo soliloquio la su raggiunge quando: ”Il 9 agosto, gli “Appunti di Giorgia” vanno in onda per 27 minuti su Rainews24, senza interventi della redazione. Per questo il Comitato di redazione di Rainews24 protesta. Meloni parla delle scelte del governo su reddito di cittadinanza, tassa sugli extraprofitti delle banche, giustizia, salario minimo. “Una scelta inopportuna -scrive il Comitato di redazione di Rainews24- in quanto sminuisce il ruolo di verifica e di mediazione che deve svolgere una redazione giornalistica”. Lo stesso Sindacato aveva protestato a febbraio per la stessa ragione… Insomma: strano modo di agire, sintomo in fondo della preoccupazione del faccia a faccia con i giornalisti, che è invece segno di buona salute di una democrazia.