Un fatto certo è che sulla questione migrazioni è stata messa la sordina, anche se il fenomeno ha assunto proporzioni impressionanti. Questo è l’incipit di un articolo di Alessandra Ziniti su Repubblica di poche ore fa:”Centomila sbarcati sulla rotta più pericolosa del Mediterraneo a fronte di appena 1.042 arrivati attraverso i cosiddetti canali di accesso legali. Trentacinquemila richieste di asilo negate e solo 2.561 rimpatri”. Insomma: non hanno funzionato gli accordi con la Tunisia, l’Europa non riesce a trovare l’unanimità per le regole di distribuzione dei migranti, le famose ONG fanno avanti indietro per i salvataggi assieme alle navi militari schierate, i trafficanti guadagnano soldi a palate e raramente vengono condannati per questa sorta di tratta degli schiavi. Più avanti la stessa editorialista annota: ”Certo, nei prossimi tre anni, il decreto flussi dovrebbe aprire le porte del Paese a 450.000 lavoratori stranieri ma, in assenza di una riforma della legge Bossi-Fini, tutti sanno che si tratterà per lo più di persone già presenti sul territorio e che assai difficilmente domanda e offerta di lavoro si incontrano a distanza”. Per aggiungere: “Sarebbe decisamente meno populista ma più intelligente destinare intelligenza, programmazione e risorse alla gestione di questi 100.000 arrivati che potrebbero essere oro per l’industria, l’agricoltura, il terziario locale. Se solo fossero trattati come persone umane, innanzitutto, e poi come un enorme potenziale da integrare e formare”. Non mi sembra una proposta facile da attuare. Claudio Cerasa sul Foglio spiega bene la contraddizione politica in atto: ”Alcuni sindaci del Pd, lo avrete visto, nelle ultime settimane hanno scelto di esporsi, sul tema, e di criticare con una certa forza l’inazione del governo sull’immigrazione. Tesi: con questi numeri noi non ce la facciamo più. In questo caso, lo specchio del populismo professato nel passato è evidente: con quale credibilità un partito che ha sostenuto l’idea che l’immigrazione non debba essere troppo controllata può lamentarsi del fatto che l’immigrazione oggi non sia troppo controllata? Ovviamente nessuna. Il secondo specchio del populismo, più spassoso, è quello che riguarda la destra, che sul tema dell’immigrazione oggi si trova, pardon, politicamente in mutande: fa la cosa giusta, ma non sa come dirlo. E che cosa fa la destra? Fa tutto quello che ha sempre fatto la sinistra al governo. E che cosa fa la sinistra non di governo quando la destra di governo fa quello che ha fatto sempre la sinistra al governo? Fa quello che la destra faceva quando non stava al governo. Ovvero: dice che così le cose non possono più andare. E quello che fa la destra al governo è chiaro anche se nessuno può rivendicarlo. Collabora con le ong per salvare migranti in mare (persino con la ong che ha mandato a processo il vicepremier di questo governo: Open Arms). Non fa allarmismo sugli sbarchi (dal primo gennaio al primo agosto sono stati 100 mila, l’anno prima nello stesso periodo furono 48 mila). Non protesta se i tiggì della Rai non sbattono l’immigrazione in prima pagina (cosa che la destra chiedeva di fare quando gli sbarchi erano la metà di quelli di oggi). Propone di cambiare la legge Bossi-fini (Fratelli d’italia ha proposto in Parlamento di modificare la legge, cosa che il Pd chiede da anni)”. Naturalmente il Direttore del Foglio prosegue, motivando questa sorta di paralisi politica, che sarà un tema cardine nelle elezioni europee del 2024, mentre gli sbarchi a raffica - nella loro luttuosa drammaticità e caotica gestione malavitosa - dimostrano la difficoltà di trovare il bandolo della matassa.