Pieferdinando Casini dixit: ”Nel 1983 ho mosso i primi passi nel Palazzo mentre Amintore Fanfani, il grande aretino, uno degli artefici della ricostruzione italiana, stava per rassegnare le dimissioni dal governo. Oggi, dopo quarant’anni, la romana Giorgia Meloni, orgogliosamente di destra, è diventata da qualche tempo la prima presidente del Consiglio donna del nostro Paese. È passata una vita ed è cambiato il mondo. Sono grato al destino che mi ha consentito di conoscerli entrambi, come tutti i massimi protagonisti della vita della Repubblica”. Ho avuto una esperienza temporale piuttosto analoga, io sono entrato più o meno alla stessa età sua - 27 lui, 28 io - e abbiamo vissuto la Prima Repubblica e poi quella che venne definita la Seconda ed oggi la Terza. Chi mi conosce sa che rifuggo da questa numerazione: in Francia di Repubbliche ne hanno avute cinque, perché a ciascuna corrisponde una diversa Costituzione. Su questo assieme allo stesso Casini, che ovviamente conosco da tempo anche se poi ciascuno di noi ha volato a quote diverse (lui più in alto, io sin dove ho potuto arrivare), abbiamo discusso a Courmayeur in occasione della presentazione del suo primo libro ”C'era un volta la politica. Parla l’ultimo democristiano”. Confesso che nell’accingermi a leggerlo avevo qualche pregiudizio. Pensavo a chissà quale ghostwriter (scribacchino a pagamento) ci avesse messo la penna e invece ho trovato un racconto interessante di una lunga avventura politica. Una carriera che per i casi della vita non sempre con il vento in poppa lo avrebbe potuto poco tempo fa portare al Quirinale, se il Presidente uscente, Sergio Mattarella, non avesse accettato di restare per carità di Patria. Ci sono aspetti umani nel libro, che si mischiano a vicende politiche, ma con occhio di attenzione - che certo piace a chi, come me, sente profondo il proprio radicamento territoriale - per la “bolognesità”. L’impressione è che le ultime due battaglie per conquistare un seggio, avvenute proprio a Bologna, come nona e decima Legislatura nel suo palmarès, gli siano serviti come salvifico bagno di umiltà con l’appoggio affettuoso - in questo tratto di strada - dei suoi figli e nel ricordo del papà che lo introdusse alla politica nel nome della DC. Quando si scrive del passato, specie se legato alla giovinezza, al fuoco della politica e alla passione di chi sale sull’ ascensore di esperienze prestigiose, esiste il rischio di vedere tutto in positivo con lenti rosa che sfumano i lati scuri. Direi, invece, che Casini, mantenendo un aplomb anglosassone in salsa emiliana, rappresenta la realtà da lui vissuta senza enfasi o fanfaronate. Se esiste una nostalgia quella è rappresentata da un politica che contava su grandi personalità, su partiti organizzati, sulla competenza come requisito e sul rispetto degli avversari anche nei passaggi più aspri. Poi la cosiddetta Casta (termine ignobile) è finita tutta nel mirino, senza distinguere i buoni e i cattivi, innescando fenomeni intrisi di demagogia, populismo e antiparlamentarismo. La punta di eccellenza del degrado l’ha avuta il grillismo, come esempio di dilettantismo puro e di violenza verbale senza costrutto. Abbiamo condiviso - senza omissioni per per certe nefandezze della partitocrazia- queste analisi e i pericoli della crisi della democrazia e della partecipazione dei cittadini alla Cosa pubblica con un Parlamento ridotto di numero per seguire le mode e oggi per questo reso meno efficiente con uno strapotere del Governo che con decreti legge a raffica fa tabula rasa. Si aggiunge il gioco dell’apposizione dei voti di fiducia, scelta avvilente per ruolo e lavoro di deputati e senatori. Certo il processo si era già innescato con certo berlusconismo e accentuato dalla sostanziale rinuncia di una Lega ormai partito personalista alla possibile “rivoluzione” federalista. Ragionamenti attorno alla politica che mi pare abbiano interessato il folto pubblico che ha seguito l’incontro di Courmayeur e mi fa piacere che in tanti mi abbiano espresso apprezzamento per quanto considero una necessità. Che tornino forme di partito più strutturate e che chi ha avuto la fortuna di fare esperienze significative possa trovare un rinnovato interesse dei più giovani per quella staffetta generazionale che può rendere la democrazia sempre viva e adatta al mutare dei tempi.