Destra, Sinistra. La scelta di alleanze ha agitato per mesi la politica valdostana per trovare una maggior stabilità, dopo che l’ala più a sinistra della coalizione aveva dato una prima botta alla maggioranza, abbandonandola. Da alleati sono diventati oppositori in men che non si dica con stupefacente naturalezza. Infine - in un percorso piuttosto zigzagante - la maggioranza è rimasta in piedi con i cambiamenti ben noti attraverso la coalizione autonomista-progressista, come da definizione giornalistica. Non tutto è stato facile e certi toni con scambi d’accuse varie non hanno certo fatto del bene al clima generale. Oltretutto in un momento nel quale ogni tanto si dovrebbe persino uscire dal perimetro maggioranza-opposizione su temi cruciali. Purtroppo - ormai la constatazione è evidente - sono troppi i politici di tutti i colori che vivono prevalentemente guardando a qualunque questione nella logica di convenienza elettorale. Certo che i voti sono importanti, ma può capitare di dover assumere scelte impopolari e di dover dire di no a richieste che potrebbero avere un positivo impatto clientelare. Chi fa politica dovrebbe avere la capacità di non pensare solo alle elezioni future e a provvedimenti volanti non strutturali. Il sistema elettorale per il Consiglio Valle attualmente in vigore, con un premio di maggioranza troppo elevato e la logica assassina causata dalla preferenza unica che insanguina la campagna elettorale in ciascuna lista , non garantisce la stabilità successiva di alleanze preelettorali che consentano di avere maggioranze durature sin dalla partenza delle Legislature. Anche perché- essendo vietato per logica norma costituzionale il vincolo di mandato - c’è chi se ne va altrove con facilità, disgregando le compagini per capriccio, per calcolo o per dissensi veri. Per cui è normale scegliere quando manca una maggioranza autodafé la situazione ritenuta più confacente per governare con altri, guardando a diversi fattori come i programmi da presentare in comune, la qualità degli eletti che devono farsene carico e anche il loro posizionamento nella politica italiana e aggiungerei europea. Lo slogan “ni droite, ni gauche” è troppo rozzo e rientra in categorie troppo schematiche rispetto alla sfida di un grande partito valdostano che sia al centro della scena. Ben sapendo che un rafforzato partito territoriale di raccolta, come potrebbe essere l’Union Valdôtaine della réunification, deve per essere incisivo essere in grado di rappresentare diverse posizioni che si cementano per la ricerca di soluzione di problemi concreti e per una corale visione della Valle d’Aosta del presente e del futuro. Così era stato nel 1945 all’atto della sua fondazione e chi si era perso negli anni successivi lo aveva fatto per la polarizzazione DC-PCI che aveva marcato il dopoguerra, causando una diaspora dalla comune area autonomista. Si sono poi aggiungi negli anni più recenti “infiltrati” che volevano solo ottenere qualcosa per i loro interessi e le loro ambizioni. Altri, come me, lasciarono per insanabili incomprensioni e bisogna che si rispettino quelle scelte senza più tornarci sopra. Ora campeggia la necessità che un movimento di raccolta sappia mantenere un sano pluralismo con regole che garantiscano una convivenza civile e un rispetto reciproco. Senza che i leader del momento - perché questi ci vogliono - schiaccino il dibattito interno e non si impegnino in una logica di dibattito interno fruttuoso alla ricerca di soluzione mediate, quando ci siano legittime posizioni divergenti. Naturalmente ci vogliono per questo una buona volontà e la capacità di ascoltare gli altri e anche di accettare le determinazioni di una maggioranza, quando il punto di equilibrio sia stato trovato in un confronto franco e corretto. So bene che ci vorrà impegno per riuscirci in un quadro culturale federalista, europeista, che sia ancorato ad un’anima valdostana profonda e consapevole, anche dei necessari cambiamenti.