Seguo con regolarità, oltre ai giornali italiani, la stampa francofona e leggo, attraverso "Internazionale", la traduzione di articoli scritti nelle lingue tratti da pubblicazioni di tutto il mondo. E' una possibilità arricchente, che ti apre a chiavi di lettura originali e, per così dire, sprovincializzanti. Fino a un certo punto sono in grado anche di leggere, dietro alle testate, visioni politiche derivanti non solo dai corpi redazionali, ma anche dalle proprietà. Penso ad esempio in Italia alla potenza di fuoco del "Gruppo Gedi" degli ex Agnelli o ad Urbano Cairo con il "Corriere" e "La7" e naturalmente agli interessi editoriali di Silvio Berlusconi. Certi specchi deformanti sono spesso visibili. Tuttavia non si può negare di come molto del gioco nel mondo dell'informazione derivi dai "social".
Io uso "Twitter" e ne studio ormai da anni gli sviluppi, che mostrano accanto alla rapidità informativa senza eguali come questo "social" come altri finisca per essere avviluppato da reti di interazioni che mirano ad influenzare chiunque ci navighi dentro. Bisogna imparare in questa navigazione a distinguere con attenzione le fonti e le correnti che si contrappongono per non finire nelle reti di inganni e nei tentativi di influenza. Insomma: bisogna esserci, ma con mille attenzioni per mantenere la barra dritta. Ho trovato su queste questioni illuminante un editoriale pubblicato su "The Irish Times", Irlanda e ripreso proprio da "Internazionale", che fa capire come in gioco non ci siamo solo noi come singoli a rischio di non raccapezzarci, ma ci sia in ballo la democrazia stessa e questo vale anche per il mio amato "Twitter", dove da quando ci sono ho scritto più di 40mila "cinguettii". Ecco l'articolo: "L'offerta da 43 miliardi di dollari fatta da Elon Musk per comprare "Twitter" solleva grossi interrogativi non solo per i suoi utenti, ma per tutte le società democratiche. Gli enormi profitti del settore tecnologico hanno creato un gruppo di persone talmente ricche da poter prendere il controllo di intere aziende della comunicazione e dell'informazione. Jeff Bezos ha comprato il "Washington Post", Marc Benioff possiede "Time", la vedova di Steve Jobs è tra i principali azionisti del periodico "Atlantic", Patrick Soon-Shiong ha comprato il "Los Angeles Times" e altri quotidiani statunitensi. Musk promette che la sua priorità sarà difendere la libertà d'espressione e la democrazia, ma la libertà d'espressione può avere diverse sfumature culturali e legali, ed è stata spesso usata per giustificare diffamazione, disinformazione, incitamento alla violenza e altri reati. Quale versione della libertà d'espressione intende sostenere Musk? Il fatto che una sola persona possieda per intero "Twitter" rischia di aggravare le cose. Per non parlare del potenziale conflitto d'interessi: se Musk avesse il diritto di decidere chi può usare "Twitter", potrebbe sfruttarlo a suo vantaggio. Le piattaforme tecnologiche hanno creato alcune delle più grandi ricchezze del mondo, tra cui quella del cofondatore di "Twitter", Jack Dorsey. Qualcuno potrebbe chiedersi che differenza fa se un social network passa da un miliardario all'altro. E' proprio questo il punto: gli oligarchi della tecnologia controllano una parte consistente dell'infrastruttura delle comunicazioni. Oggi più che mai comprendiamo le implicazioni del fatto che i canali d'informazione nazionali e internazionali sono controllati da miliardari. Un'acquisizione dopo l'altra, rischiamo di ritrovarci con una versione della democrazia che solo i ricchi possono permettersi". Considerazioni brevi e senza fronzoli, che aprono uno spaccato né complottista né demagogico e che dimostra come il principio del mantenimento della concorrenza e logiche di controllo sui profitti, attraverso la necessaria tassazione, resti un principio della democrazia liberale che fa da garanzia. Prima che a vincere sia un'oligarchia che pesi troppo e si faccia più che minacciosa dei confronti dei principi di libertà.