Bisogna, con rinnovata energia, fare il punto sul futuro dei gangli vitali della viabilità internazionale, indispensabili anche per i valdostani, che attraversano la Valle d'Aosta. I collegamenti - senza partire nella storia dalla "Strada delle Gallie" che Augusto volle per collegare la Gallia Cisalpina con la Gallia Transalpina - sono sempre stati, con il sistema dei Colli Alpini del Grande e del Piccolo San Bernardo e di altri attraversamenti minori, una delle caratteristiche salienti di questa nostra terra. Falliti purtroppo tutti i progetti di tunnel ferroviari attraverso le Alpi, la Valle è diventata protagonista nel dopoguerra dello sviluppo della motorizzazione con i due principali progetti, di cui oggi percepiamo a pieno la grandezza: i trafori del Gran San Bernardo e del Monte Bianco.
Siamo negli anni Sessanta, quando viene costruito il primo tratto di autostrada da Quincinetto ad Aosta poi completata in direzione Francia con l'autostrada del Monte Bianco all'inizio degli anni Duemila. Verso la Svizzera si apre l'altro traforo con migliorie stradali nel tempo come la galleria di Sorreley costruita con i finanziamenti delle "Colombiadi" (sic!), mentre è in corso fra mille traversie la costruzione della circonvallazione in galleria che eviterà l'attraversamento di Etroubles e di Saint-Oyen ed è pronto per essere inaugurato il tunnel di sicurezza del traforo. Di questi tempi, per l'approvazione dei bilanci di queste società, ho partecipato alle Assemblee come Regione. Il quadro è interessante e lo riassumo: in "SAV" e in "RAV", le due società autostradali, siamo soci di minoranza, mentre la maggioranza è detenuta, rispettivamente, dal "Gruppo Gavio" e dalla "Società Autostrade"; "Autostrade" controlla anche il Traforo del Monte Bianco società italiana, dove siamo anche noi soci ma di minoranza; siamo invece soci di maggioranza, con il "Gruppo Gavio", al Traforo del Gran San Bernardo, la cui strada di accesso, la statale 27, è gestita da "Anas". Provo ad esprimere le preoccupazioni che ho espresso non solo naturalmente in sede assembleare. Il problema della "SAV" - scadenza della concessione 2032 - è che i pedaggi stanno crescendo mostruosamente e questo incremento sarà enorme ancora nei prossimi dieci anni. Formule di sconto ci sono per i pendolari, come esiste, a cavallo con "RAV", una formula di gratuità del tratto tangenziale, ma sono poca cosa rispetto ai costi generali per i residenti, che gravano ovviamente anche sui turisti e su chi transita lungo l'asse stradale. La statale 26 è satura e lo sarà ancora di più negli anni a venire con il blocco della ferrovia per i lavori di elettrificazione. Per altro l'autostrada sente il peso degli anni e abbisogna di continua manutenzione e di adeguamento alle incalzanti norme per la messa in sicurezza. Il concessionario è in una botte di ferro e personalmente credo che spetti al Governo nazionale fermare questo impazzimento dei pedaggi e pure la Commissione europea dovrebbe intervenire per questa situazione e in generale per la situazione di duopolio nel sistema autostradale privatizzato. Il quadro "RAV", opera ovviamente più recente, non è roseo: da qui al 2032 - analoga data di scadenza della concessione - si ipotizzano investimenti sulla tratta per 84 milioni di euro anche per norme nuove sulle gallerie, che occupano gran parte dell'opera. Il Traforo del Monte Bianco, azionista di maggioranza, ha un tesoretto cospicuo, ma non intende spenderlo a differenza di quanto ha fatto sull'autostrada d'accesso la società francese. Crescono anche qui i pedaggi a livelli insostenibili. Per questo si ipotizza un allungamento della concessione, ponendola al 2050, come avviene già per il Monte Bianco. C'è stata anche una proposta di vendita alla Regione nell'ipotesi che una società pubblica possa avere un'autostrada senza scadenza di concessione, prendendo a modello la situazione dell'autostrada del Brennero, dove però l'operazione non si è ancora chiusa e questo sconsiglia di infilarsi in una storia di questo genere, che avrebbe rischi altissimi. Intanto i due trafori invecchiano. Il Monte Bianco è sottoposto a lavori interni di grande sostanza, ma resta un tunnel monotubo e i francesi - ma anche il buonsenso - sbarrano la strada ad un raddoppio in situ. Bisognerebbe, ma esiste un alone di mistero, trovare soluzioni alternative più in basso con nuove tecnologie per avere un traforo contemporaneo e non sottoposto a continui tacconi. Dopo le elezioni francesi bisognerà che anche le comunità locali riprendano in mano il dossier con coraggio innovativo. Il Gran San Bernardo vede la società italiana in crisi: la concessione scade nel 2034 e bisognerebbe allungarla al 2050, 2060 per garantire i soldi necessari per i lavori dentro il traforo per i quali gli svizzeri hanno già una copertura finanziaria ed "Anas" dovrebbe subentrare a quei dieci chilometri di accesso al tunnel oggi in carico alla società italiana con costi stratosferici. Che senso avrebbe spendere ancora 100 milioni nella tangenziale poco più in basso e non modernizzare, come necessario, il traforo? Un quadro complesso da affrontare e la palla per finanziamenti è nelle mani dello Stato, come la questione di tariffe e concessioni ed anche la politica internazionale con Francia e Svizzera ci passa sopra la testa, anche se ovviamente pure la Valle d'Aosta deve giocare la sua parte in un puzzle molto complesso, che riguarda anche l'Unione europea.