Ognuno vede la luce in fondo al tunnel a proprio modo. Io l'ho vista oggi, percorrendo le vie di Aosta. Quelle del centro che ho visto così tante volte ospitare la Fiera di Sant'Orso, che ha traslocato temporaneamente da gennaio ad aprile. Una nevicata la sera prima aveva creato un ambiente invernale, come un regalo scherzoso del Santo taumaturgo, specializzato nella chiesa a suo nome nella cura del mal di schiena per chi strisci sotto un altare a lui dedicato. La luce sta nel ritorno alla quasi normalità nella manifestazione più grande che si organizzi in Valle d'Aosta. Era ora che si uscisse - e non solo nell'estate scaccia virus - ad incontrare persone senza essere troppo guardinghi e malgrado le mascherine ancora sul volto. La normalità quando diventa eccezionale è già qualche cosa e vedere i banchetti degli artigiani, in una varietà senza eguali, fa stare meglio. Si incontrano amici e conoscenti, si mangia e si beve qualcosa e non è per sfamarsi ma per stare assieme. Mancano le cantine notturne, private della solita fantastica mobilità dall'una all'altra, ma ci si contenta di quel che c'è perché è tantissimo rispetto al vuoto delle molte manifestazioni scomparse, che ci avevano reso più soli.