A partire da oggi riprende il "gioco di pazienza" per rafforzare, se possibile, il Governo Lavevaz di cui faccio parte. Si tratta in sostanza di capire come questa attuale maggioranza a 19 possa sopravvivere alla solita storia di questi anni: una crisi endogena per numeri risicati ed insoddisfazioni varie che possono scaricarsi in voti segreti. L'urna senza identità incombe come una latente minaccia su chi governa e già patisce con una macchina amministrativa da revisionare in profondità e con il paradosso mai verificatosi dal dopoguerra ad oggi di concorsi che non soddisfano, per carenza di candidati, le esigenze dell'impiego pubblico. Aggiungici la pandemia con i suoi costi, persino psicologici, ed i rincari generalizzati e il quadro è desolante.
Enrico Martinet, con cui ci conosciamo da oltre quarant'anni, in un articolo sulla situazione politica sull'edizione valdostana de "La Stampa", così mi descrive con affettuosa ironia: «Da giorni un politico come Luciano Caveri riempie i suoi scritti sul blog con ragionamenti lontani da quanto accade in Consiglio regionale: dall'autonomia a rischio estinzione agli errori che imputa al governo Draghi per il decreto conversione sull'energia, fino a dilettarsi sul cinese "Anno della tigre d'acqua". E alla domanda di rito all'uscita di Palazzo regionale sul "come va?" risponde "si galoppa"». Così è: faccio il mio dovere e cerco di farlo nel modo migliore, dipanando anche alcune matasse nelle deleghe su cui sono stato chiamato a lavorare. Certo, il clima generale non aiuta, perché la stabilità detta anche governabilità serve a vedere le cose con più concentrazione. Invece un continuo bradisismo non aiuta per nulla e anche il rapporto con l'opposizione non è facile in un Consiglio regionale dove la fanno da padrone interrogazioni e interpellanze. Ci vorrebbe anche su questo un "reset", perché non si vive perlopiù di sindacato ispettivo e lo dico a difesa del Consiglio Valle, che vive la crisi identitaria del parlamentarismo. Ma anche la parte governativa dovrà essere sottoposta a riflessioni che si fanno dappertutto per rendere più efficace la democrazia rappresentativa in un mondo che pretende più velocità. Chi sceglie il presidenzialismo ne studi le conseguenze proprio nelle Regioni in cui i presidenti debordano dal loro ruolo istituzionale. Intanto è normale la ricerca di maggior solidità nei numeri in una Valle d'Aosta che attende tra l'altro - per capire come butta l'equilibrio dei poteri in Italia - sentenze che tardano e vicende giudiziarie ancora sospese da anni. Nel frattempo si raccontano storie su Tizio e Sempronio che sono l'ago della bilancia, si ricorda il ruolo di vecchi manovratori esterni che incombono, si nutrono preoccupazioni per il logoramento dell'Autonomia che è delicata, si fanno i conti con Governi nazionali che non aiutano affatto con un centralismo a tratti grottesco e con la presenza di una Giustizia che pesa anche quando non necessario, mettendo paura anche agli onesti per l'atto amministrativo più banale. I cittadini valdostani osservano lo spettacolo non sempre edificante e se lamentano e spesso lo hanno fanno senza troppi distinguo e talvolta dimenticando chi hanno votato. Ed è vero che esiste uno spezzettamento che rende difficile le cose e certe ambizioni legittime avvengono in un momento così complesso in cui bisognerebbe unirsi più che dividersi. Ma così vanno le cose e chi sono io per fare la morale della morale? Intanto a stringere le fila spero sarà quel mondo autonomista dove sono cresciuto e invecchiato. Poche ore fa al simbolo del piccolo movimento di cui sono espressione, MOUV', è stato aggiunto nel simbolo con passaggio dal notaio quel "Vallée d'Aoste Unie", che è stata un'alleanza elettorale con le sue magagne, ma che credo che oggi come non mai debba essere una sigla che diventi almeno slogan urlato ad alta voce per una unione del mondo autonomista per avere un futuro.