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02 dic 2021

Maturità senza scritti?

di Luciano Caveri

La petizione che citerò è stata firmata da cinquantamila studenti (sotto troverete "studendi", ma si tratta di un errore - immagino - ortografico) in vista della Maturità, in cui chiedono al ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, di avere, come lo scorso anno, una prova solo orale: «Noi studendi maturandi chiediamo l'eliminazione delle prove scritte agli esami di maturità 2022, poiché troviamo ingiusto e infruttuoso andare a sostenere degli esami scritti in quanto pleonastici, i professori curricolari nei cinque anni trascorsi, hanno avuto modo di toccare con mano e saggiare le nostre capacità. Inoltre abbiamo passato terzo e quarto anno in DAD, penalizzandoci, distruggendo parte delle nostre basi che ci sarebbero dovute servire per gli esami. L'ulteriore stress di esami scritti remerebbe contro un fruttuoso orale indispensabile come primo passo verso l'età adulta. Sicuri di un suo positivo riscontro le porgiamo i più cordiali saluti».

A parte la scrittura zoppicante e l'uso dei termini, tipo "pleonasmo" o "fruttuoso" che forse dovevano dare una certa ricercatezza al testo, questa richiesta ha scatenato una discussione più dì sostanza. Esiste una volontà più profonda di considerare gli scritti come un'eredità di cui disfarsi, al di là del periodo pandemico? Il sospetto esiste nell'uso del termine "eliminazione" ed in una certa vulgata sullo scritto come "stressante" e par dì capire che nell'appello degli studenti nel mirino non ci sia solo il famoso "tema" (lo chiamo così per abitudine) di italiano ed in Valle d'Aosta anche della prova di francese, ma anche scritti come la versione dì latino o greco al Classico o la matematica allo Scientifico. Interessante quanto sostenuto, in un'intervista a "Repubblica", da Luca Serianni, uno dei più noti linguisti e filologi italiani, che si è occupato anni fa delle nuove linee guida dello scritto di italiano. Osserva Serianni: «Non bastano la goffaggine espressiva, e diciamo pure, l'ingenuità della lettera a farmi saltare sulla sedia. Per i ragazzi e le ragazze che hanno lanciato, e firmato, la petizione provo rispetto e simpatia. La loro è una reazione istintiva che comprendo: fuggire davanti alle difficoltà o alle prove che vengono percepite come tali. L'avrebbero avuta anche i loro coetanei cinquant'anni fa. Ma decisamente non sono d'accordo». Già la paura dello scritto ce l'abbiamo avuta tutti, partendo dalla attesa spasmodica di conoscere i titoli! Prosegue il linguista di fronte all'orientamento attuale anche del Ministero dell'Istruzione, che potrebbe di nuovi bloccare gli scritti: «Mi auguro un ripensamento: ritengo gli scritti essenziali. Non mi riferisco solo al tema di italiano, ma anche alle seconde prove, come matematica-fisica nei licei scientifici. Non faccio il matematico, ma mi riesce difficile immaginare che una conoscenza avanzata della matematica, come quella a cui arriva in Italia uno studente dello scientifico, possa davvero essere accertata con una domanda all'orale. Oltretutto, un esame che parte con questa semplificazione sarebbe svilito, sarebbe avvertito inevitabilmente da molti degli stessi studenti interessati come un esame di serie B». Ancora Serianni: «Scrivere è fondamentale perché, un tema argomentativo, come è quello tipico dell'esame di Stato, allena a capire ciò che si legge e a strutturare il proprio discorso in modo convincente: requisiti fondamentali per i diciottenni che, con la maggiore età, raggiungono un traguardo non solo giuridico, ma psicologico. Tra parentesi, non so perché vent'anni fa sia stata abbandonata la dizione "esame di maturità", che tutti in realtà continuano a usare, in favore dell'anodino "esame di Stato"». E poi: «Da tempo il tema di italiano non è più fondato sulla conoscenza delle discipline, ma sulla capacità in chi lo svolge di collegare i saperi acquisiti, anche alla luce delle proprie esperienze e curiosità intellettuali: contano il rispetto dei fondamenti grammaticali e la padronanza di un lessico adeguato, certo, ma soprattutto l'impostazione e lo svolgimento di un'argomentazione». E sulla paura causata da un abbassamento di preparazione causata dalle restrizioni dovute agli anni di pandemia: «Lo capisco bene, ma gli studenti si possono non penalizzare in tanti modi, l'asticella si può anche abbassare. Faccio un esempio di latino: un conto è proporre traduzione e commento di un brano di Tacito, un altro è proporre Eutropio, un autore della bassa latinità, che scrive in modo molto lineare: in ogni caso, per tradurlo, il latino bisogna saperlo (…) Chi ha lavorato bene, o almeno decorosamente, non ha nulla da temere. L'esame non è, e non è mai stato, un gioco d'azzardo, tiene conto del lavoro fatto negli anni precedenti». Alla fine Serianni lancia un appello: manteniamo almeno la prova scritta di italiano e ricorda un fatto non marginale e che ogni tanto torna, «se poi qualcuno considera l'esame di Stato un vecchiume da buttar via, non c'è che una strada: riformare la Costituzione, che lo prevede esplicitamente nell'articolo 33. Ma non credo si voglia arrivare a questo». Il comma citato è questo: "E' prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale". Testo ormai piuttosto ambiguo e già in verità in corso di smantellamento sul versante professioni, vista una proposta di legge già varata dalla Camera che cancella gli esami di Stato per medici, farmacisti, veterinari, psicologi ed anche geometri.