L'Afghanistan, con grande emozione collettiva per i pericoli estremi dovuti al ritorno dei talebani, obbliga l'Occidente a riflettere sulla condizione femminile nel mondo islamico. Nulla di nuovo sotto il sole, purtroppo. Chi abbia visitato Paesi arabi più o meno occidentalizzati si è reso conto di persona della varietà di situazione a seconda dell'impatto dell'Islam radicale nelle diverse realtà. Ciò vale anche da noi, anche se pare essere un fenomeno che emerge solo per fatti di cronaca eclatanti. Resta certo il fatto che, al di là dello storytelling buonista, che la parità uomo-donna, come noi la concepiamo in uno stato di diritto, anche da noi non sempre funziona. Senza cadere nell'orrore delle interpretazioni che vessano le donne, resta la logica teocratica che incombe. La parola "sharia" in arabo significa "sentiero, retta via", e nella religione musulmana indica un insieme di concetti astratti che si desumono dai principali testi sacri. La "sharia" quindi non è un testo scritto, bensì una serie di principi etici e morali ad ampio raggio. Esiste dunque una flessibilità che diventa inquietante nelle mani dei talebani et similia.
Scrive su "La Repubblica" lo psicoanalista Massimo Recalcati su questa situazione femminile che stride con la nostra visione del mondo: «Nel dramma dell'Afghanistan l'odio sessuofobico maschilista verso le donne acquista il valore programmatico di una politica persecutoria. Le cancellazioni delle immagini delle donne nella città di Kabul ne sono state una manifestazione eloquente. Ma ancora di più la caccia sistematica, casa per casa, non solo delle donne che si ribellano al regime non essendo disposte a rinunciare alle libertà acquisite in questi anni, ma anche di tutte quelle donne non ancora incardinate in una famiglia - né madri, né mogli - che vengono dunque braccate semplicemente in quanto donne. Il presupposto ideologico che sostiene questo programma è sconcertante nella sua evidenza: le donne sono ontologicamente fonte di corruzione e, come tali, una minaccia pericolosa per l'affermazione di un sistema di potere governato da soli uomini». Già: «soli uomini». Questa è la logica cruda e mai difendibile brandendo la libertà religiosa ed il complesso delle tradizioni culturali nel nome del relativismo culturale. Ricordo che certo relativismo considera morale in una società potrebbe essere considerato immorale in un'altra, e poiché non esistono degli standard di moralità universale, nessuno ha il diritto di giudicare usi e costumi di un'altra società. Ma in questo caso non esiste una manica larga. Prosegue Recalcati per chiudere la storia che anche la nostra religione ha i suoi torti storici verso le donne: «Questa persecuzione assume i tratti che l'Occidente ha conosciuto nel tempo infausto della caccia alle streghe. Al suo fondamento, ora come allora, una pulsione sessuofobica che non tollera l'esistenza della donna come incarnazione della libertà. La strega ieri, la donna corrotta dall'Occidente oggi. Il regime fondamentalista talebano rivela in questa spinta sessuofobica la sua essenza: l'odio nei confronti delle donne è odio verso il mondo. Se il mondo è luogo dell'aperto, dello scambio, dei legami, della contaminazione, del pluralismo, della libertà, la donna è per eccellenza simbolo del mondo. Ecco perché l'alterità della donna è considerata dai talebani omologa all'anarchismo della democrazia». Segue la denuncia contro la dittatura delle ideologie, quando diventano una dittatura mentale: «Ogni ideologia, come ha mostrato Hannah Arendt, tende fanaticamente ad abolire la vita particolare del mondo, nel nome universale dell'Idea. Ogni ideologia vorrebbe piegare il carattere plurale del reale assimilandolo senza resti al proprio ideale. Per questo ogni ideologia è, nelle sue radici, prepolitica, tribale, fanatica. Nel caso del regime talebano la persecuzione della donna come simbolo della libertà del mondo avviene nel nome di una ideologia religiosa retta da un fantasma inossidabile di purezza. La democrazia, come la donna, è il verme che può corrodere il valore incontaminato dell'Idea. Il dominio dell'Idea deve infatti imporsi come assoluto. Per questo coloro che si sentono investiti di un mandato ideologico non conoscono pietas, tenerezza, sensibilità, non hanno, letteralmente, cuore. La purezza dell'ideologia è minerale, divide il mondo in modo manicheo in puri e impuri, bene e male. E in questo schema, per il fondamentalismo talebano, le donne stanno, ovviamente, come la democrazia, dalla parte dell'impurità e del male». Il finale di Recalcati è profondo: «Tuttavia, come sappiamo dalla lezione della psicoanalisi, è l'ideale di purezza ad esigere sempre l'esistenza dell'impuro. Nel caso specifico la libertà sessuale - si pensi alla condizione altrettanto ferocemente perseguitata della comunità Lgbtq - condensa l'impurità che il delirio talebano deve poter scongiurare a tutti i costi. Perché? Perché la furia persecutoria nei confronti delle donne rimuove il suo contrario pulsionale: il paradiso agognato dai militanti talebani è popolato da donne vergini che si offrono senza alcuna restrizione. Come la clinica psicoanalitica ha messo in evidenza, in ogni grave fobia si cela l'attrazione profonda per quello che si respinge con più accanimento. Anche l'Occidente non ha ancora del tutto superato questa dinamica che contrassegna ogni forma ideologica di razzismo. Se possiamo considerare il nostro tempo come un tempo politicamente post-ideologico, non si dovrebbe però mai dimenticare la natura radicalmente pre-politica, pulsionale, dell'ideologia che dà luogo all'esistenza di fatto di innumerevoli blocchi ideologici di tipo etnico, religioso e culturale. Quello sessuofobico è uno di questi. Perché, per fare solo un esempio, la Chiesa Cattolica di fronte allo scempio femminicida dell'Afghanistan non sovverte definitivamente il proprio ordine patriarcale abilitando pienamente le donne all'esercizio del culto? E' un fatto sempre più evidente: il tempo cosiddetto post-ideologico nel quale siamo preserva l'esistenza di forme ideologiche pre-politiche nelle quali il giudizio morale anticipa e orienta quello politico. Per questo dovremmo sempre ribadire che il sesso della democrazia è femminile poiché ricorda a ciascuno di noi, come solo un pensiero autenticamente femminile sa fare, che non esiste politica degna di questo nome che trascuri nel nome dell'universale astratto dell'Idea la cura concreta per la vita nella sua singolarità insacrificabile». Saranno pensieri difficili da sondare, ma mostrano come ci si debba sforzare di capire le ragioni profonde di atteggiamenti clamorosi di esclusione del mondo femminile.