Capita di incontrare, sia che ciò avvenga sul piano personale nella vita quotidiana sia che si verifichi nella corrente attività politica, degli imprenditori e dei lavoratori del tutto disperati per le conseguenze della pandemia. Momenti emotivi ed empatici da non sottostimare, perché colpiscono al cuore la nostra comunità e c'è chi stenta a trovare un minimo di luce per il futuro. I danni economici, l'impatto sociale e il peso psicologico sono del tutto evidenti e ci avvolgono come una rete fittissima e depressiva. Io solidarizzo in tutto e per tutto con queste persone e le loro famiglie. Colgo - a livello diverso di gravità - la disperazione, la paura e quel senso di incertezza che pesa moltissimo. Quando non si sa quanto capiti l'indomani, figurarsi come si può immaginare di fare nelle settimane e nei mesi a venire. Ci sta l'incertezza derivante dal virus, ma a fattore comune dobbiamo ammettere che il "gioco dei colori" regione per regione e moltissime misure derivanti da misteriose decisioni romane restano incomprensibili nel loro senso compiuto.
Purtroppo la pandemia da arginare, che resta una priorità e dunque nessuno spinge al lassismo ed al calare le braghe, non deve consentire di essere disattenti all'economia. Nel caso della Valle più si scende nel baratro della crisi economica e più tutto ci torna in testa come un boomerang per via del meccanismo del riparto fiscale che alimenta l'Autonomia valdostana. Ed a proposito di Autonomia che sia chiaro che i suoi limiti appaiono chiari nelle parole della Corte Costituzionale con cui è stata sospesa la legge regionale votata dal Consiglio Valle e che apriva ad un'applicazione sul nostro territorio delle misure nazionali che fossero logiche e certo non complici del... "covid-19". Ricordate il perché della prima Autonomia valdostana del 1945 attraverso il fondante decreto luogotenenziale? Così l'articolo 1: "La Valle d'Aosta, in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari". Ebbene questo - nel caso della pandemia non c'entrano le lingue - vale come evocazione logica sul perché ci debba essere originalità nelle decisioni da assumere da noi e non va bene quella logica impositiva dello Stato, correggibile solo in modo limitato dalle ordinanze regionali. La leale cooperazione, a maggior ragione dopo la nascita della Regione autonoma vera e propria, dovrebbe essere il caposaldo sul piano giuridico e su quello politico. Nessuno è in grado dal centro di valutare sino in fondo le nostre ragioni ed immaginare di imporre norme unitarie e cieche è un abbaglio dello Stato nazionale. Per questo esiste il regionalismo differenziato, che non è un privilegio, ma la considerazione che la democrazia locale è in grado di reagire da sola su molte questioni e quando non ce la faccia, come nel caso globale dei vaccini, è giusto chiedere aiuto alla Repubblica, che è quella entità che racchiude tutte le istanze di governo. Questa è la sussidiarietà, la cui alternativa è il centralismo, che nel caso in esame è sembrato spesso inetto, se non persino vendicativo con chi ha cercato soluzioni adatte alle proprie esigenze. Sempre mettendo assieme, con evidente equilibrismo, le logiche sanitarie e quelle di mantenere una vita che non sia fatta solo di confino e di chiusure. Bisogna cambiare registro, specie ora che risulta evidente che piano piano la fine della pandemia si allontana nel tempo fra vaccini insufficienti e varianti perniciose del virus. > Come convivere è il punto.