Oggi è Natale. Mi chiedo che regalo si potrebbe fare alla mia piccola Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste: dizione bilingue presente nell'articolo 116 della Costituzione e ciò avvenne nel 2001 con mio emendamento, che considero, per cominciare, come un regalo del passato. Già, scherzando ma non troppo, si potrebbe cominciare proprio da qui, chiedendo che non si usi in italiano «Val d'Aosta» ed in francese «Val d'Aoste», che sono un graffio inutile alla dizione ufficiale. E già che ci siamo: basta stravolgere, con pronunce impossibili, la toponomastica di Comuni e frazioni per un evidente rispetto. Anche nei meandri dell'Amministrazione si decida una volta per tutte di cancellare l'orrido acronimo "RAVA", che non ha connessione con la "fava" della celebre espressione «la rava e la fava», ma sarebbe "Regione Autonoma Valle d'Aosta", che è bene scrivere per esteso senza imbarbarimento.
Un altro regalo immateriale, più di sostanza, riguarda questa storia dell'Autonomia. Sarebbe davvero un regalo alla Valle ed a noi stessi se tutti vivessimo come un dovere civico sforzarsi non solo di conoscerne un po' meglio le ragioni storiche e come si sostanzi nel nostro attuale ordinamento, ma se - senza venir meno al giusto diritto di critica ed all'auspicio di ogni miglioramento possibile - ci fosse una convinzione maggiore della sua importanza e risposte a certi attacchi e luoghi comuni che intendono svilire le nostre istituzioni. Lo scrivo perché, senza qualche giochetto della serie «al lupo, al lupo», l'aria "politica" del post pandemia sarà all'insegna di riforme costituzionali antiregionaliste ed avremmo solo da rimetterci e non mi metto a dettagliare. Fidatevi. Vorrei anche regalare alla Valle una esaltazione della sua bellezza, che ogni tanto dimentichiamo perché finiamo per assuefarci a certi panorami. Siamo depositari di tutto questo ed ogni generazione, per il tempo che se ne deve occupare, deve poi lasciare questa nostra terra a chi ci seguirà. Come fittavoli temporanei dovremmo essere più attenti ad evitare brutture, a sprecare risorse, ad essere attenti. «Il faut cultiver notre jardin», scriveva Voltaire in "Candide". Posso dire poi di come un altro regalo debba essere quello di essere europeisti, resistendo alla bufera di stupidità che sento contro l'Unione europea, costruzione certo imperfetta, che evita però, iniziando dai rapporti "autour de nous", che si sia, in una logica italocentrica, considerati piccoli e marginali. Ricordo quell'ambasciatore cinese in Svizzera che visitò il piccolo cantone del Jura (un quarto del territorio valdostano) e gli venne chiesto quale fosse l'interesse di visitare la piccola République, comparandola all'enorme Cina. L'ambasciatore usò una metafora poetica: «Ogni uccello, anche il più piccolo, è un essere compiuto, malgrado le sue dimensioni, come avviene per gli altri uccelli ben più grandi di lui». L'ultimo regalo, più terra a terra, riguarda questa pandemia che ci ammorba e preoccupa. Bisogna tenere duro per quanto sarà necessario, ma il regalo a noi stessi è quello di contraddire sempre con forza e coraggio gli antivaccinisti, che incontro ogni giorno e snocciolano, chi con aggressività ed altri con candore, teorie antiscientifiche e logiche cospirazioniste. Sarebbe bello fossimo una Regione modello per il contrasto al virus grazie ad una campagna vaccinale efficace e non si faccia finta di nulla per chi rifiuterà il vaccino, cominciando dai servizi pubblici. Intanto, Buon Natale!