Oggi cerco un fil rouge, che non so se troverò. Il punto di partenza è il rapporto del "Censis", giunto alla 53esima edizione e - lo dicono loro stessi - "interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase di eccezionale trasformazione che stiamo vivendo da un decennio". So quanto questi approfondimenti siano ponderosi, ma contengono dei guizzi utili per riflettere. Uno di questi riguarda il nostro approccio con la "nuova" telefonia ed i mille altri usi degli smartphone: "Oltre la metà (il 50,9 per cento) controlla il telefono come primo gesto al mattino o l'ultima attività della sera prima di andare a dormire. Dati che testimoniano come la diffusione su larga scala dei telefonini "intelligenti" nell'arco di dieci anni abbia finito con il plasmare i nostri desideri e i nostri abitudini. Nel 2018 il numero dei cellulari ha superato quello dei televisori: in ogni famiglia ci sono in media 4,6 dispositivi mobili. In particolare, nelle case degli italiani ci sono 43,6 milioni di smartphone e 42,3 milioni di televisori. L'horror vacui del nuovo millennio pare esser diventato quello di restare senza carica: il 25,8 per cento di chi possiede uno smartphone non esce di casa senza il caricabatteria al seguito".
Viene in mente quanto scritto con quella capacità di lettura della realtà del purtroppo scomparso Umberto Eco su "L'Espresso": «So benissimo che sulla sindrome da telefonino sono ormai stati scritti decine di libri e non vi sarebbe più nulla da aggiungere ma, se riflettiamo un momento, parrebbe inspiegabile il fatto che quasi tutta l'umanità sia stata presa dalla stessa frenesia e non abbia più rapporti faccia a faccia, non guardi il paesaggio, non rifletta sulla vita e sulla morte, bensì parli ossessivamente, quasi sempre senza avere nulla di urgente da dire, consumando la propria vita in un dialogo tra non vedenti». Lo scriveva nel 2015 e da allora la potenzialità dello smartphone si è evoluta e espansa, contenendo potenzialità sempre più assorbenti attraverso quell'universo di app che ci mostra come siamo in chi campiona ed analizza chi siamo. Aggiungeva Eco: «E' che stiamo vivendo un'era in cui per la prima volta l'umanità riesce a realizzare uno dei tre desideri spasmodici che per secoli la magia ha cercato di soddisfare. Il primo è il desiderio di volare, ma levitando col nostro corpo, sbattendo le braccia, non salendo su una macchina; l'altro è quello di poter agire sul nemico o sull'amata pronunciando parole arcane o pungendo una figura di creta; il terzo è proprio di comunicare a distanza, sorvolando oceani e catene montuose, avendo a disposizione un genio o un oggetto prodigioso che di colpo può trasferirci da Frosinone al Pamir, da Innisfree a Timbuctu, da Baghdad a Poughkeepsie, comunicando istantaneamente con chi ci è lontano mille miglia. Da soli, per opera personale, non come accade ancora con la televisione per cui si dipende da una decisione altrui, e non sempre si vede in diretta». Poi scavava su di un'antica ambizione umana che rende suggestivi gli accostamenti: «Che cos'è che per secoli ha disposto gli uomini alle pratiche magiche? La fretta. La magia prometteva che si potesse passare di colpo da una causa a un effetto per cortocircuito, senza compiere i passi intermedi: pronuncio una formula e trasformo il ferro in oro, evoco gli angeli e invio tramite loro un messaggio. La fiducia nella magia non si è dissolta con l'avvento della scienza sperimentale, perché il sogno della simultaneità tra causa ed effetto si è trasferito alla tecnologia. Oggi la tecnologia è quella che ti dà tutto e subito (schiacci appunto un bottone sul tuo telefonino e parli immediatamente con Sydney), mentre la scienza procede adagio e la sua prudente lentezza non ci soddisfa perché vorremmo adesso la panacea contro il cancro, e non domani - così che siamo portati a dar fiducia al medico-santone che ci promette all'istante la pozione miracolosa senza farci attendere per anni». Per questo il telefonino è diventato il nostro "Vello d'oro" e, per contro, è anche il "Vaso di Pandora". Se mille potenzialità sono un orizzonte positivo, emerge in negativo il rischio di un crescente processo di isolamento ed è paradossale che ciò possa avvenire quando si moltiplicano le modalità nei collegamenti. Basta una frase di un altro grande del pensiero, il sociologo Zygmunt Bauman, per capire dove siamo: «L'introspezione è un'attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri, controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro». Contesta in parte certo pessimismo l'esperto delle nuove tecnologie di "La Repubblica" Riccardo Luna, partendo dai dati "Censis": «non ha senso trarre da ciò la conclusione di una dipendenza patologica (come invece accade ovunque). L'equivoco nasce dal fatto di continuare a chiamare questi "oggetti connessi multiuso", "telefono" (quando telefonare è l'attività che ci facciamo di meno). Io per esempio certo che guardo lo smartphone quando spengo la luce la sera (anzi, dopo): perché controllo di aver attivato la radio sveglia. E poi controllo le previsioni del tempo orarie della mia città per capire se il giorno dopo potrò prendere lo scooter per andare a lavoro. E verifico di non avere messaggi dai miei affetti lontani. E al mattino è sempre lo smartphone a svegliarmi. E poi ascolto la mia radio preferita su una app. E poi lo guardo, certo: ci leggo i quotidiani a cui sono abbonato. Come va considerato quel tempo? Uso dello smartphone o lettura dei giornali? Vi rendete conto di quanto poco ci dicano certe statistiche sull'uso dei telefonini? (anche io li ho chiamati così, vedete?). In fondo non è davvero cambiato quello che facciamo la sera e al mattino, è cambiato lo strumento, che oggi è uno solo: la sveglia, la radio, i giornali e la segreteria telefonica con la lucina rossa che brilla a intermittenza quando è stato registrato un messaggio, sono diventati lo smartphone, che però è molto di più: è l'accesso al conto corrente bancario, il modo in cui paghiamo tasse e bollette, compriamo regali e biglietti aerei, ascoltiamo musica e guardiamo film. E poi certo, ci sono i social e le email di lavoro, che però di notte è bene lasciare al loro posto, tra quelle da leggere dopo (io attivo la funzione "non disturbare" per esempio). E quindi quelli che la sera non guardano lo smartphone prima di addormentarsi evidentemente hanno una sveglia, e una radio, e qualcuno che porta loro i giornali sull'uscio, e non devono preoccuparsi del meteo del giorno dopo e non hanno parenti lontani ma vicini al cuore. Come certi sociologi, evidentemente». A voi giudicare...