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10 dic 2019

Giovani che non sanno leggere

di Luciano Caveri

Non so se capiti anche a voi di rendervi conto, nella vita quotidiana, delle difficoltà nella capacità di lettura anche di persone inaspettate. Come se il leggere fosse diventato non solo una fatica, ma si affaccino i fantasmi non tanto del famoso analfabetismo di ritorno, ma persino di partenza. Eppure ricordo tante persone conosciute che non avevano fatto che pochi anni di elementari, che sapevano leggere, scrivere e far di conto, come se quei rudimenti fossero acquisiti per sempre e fossero l'ovvia base per processi sempre esistiti di un'acculturazione in proprio. "Autodidatti", un tempo li si chiamava così con ammirazione. Leggevo sul "Sole - 24 ore" Eugenio Bruno e Claudio Tucci: «Fatto sta che la capacità di lettura degli studenti italiani continua a peggiorare. E anche in scienze sono messi male mentre in matematica se la cavano. A dirlo sono le rilevazioni "Pisa-Ocse 2018" che valutano le conoscenze e competenze chiave dei quindicenni sparsi per il globo. Ad arrancare, dal punto di vista territoriale, sono soprattutto il Sud e le isole. Mentre, per tipologia di scuola, a restare indietro sono soprattutto gli istituti professionali».

«L'indagine 2018 esamina più di undicimila studenti in Italia (600mila nel mondo, con 79 Paesi partecipanti di cui 37 dell'Ocse) - continua l'articolo - Il focus (che esce dal 2000 con cadenza triennale) stavolta è sulla literacy in lettura, definita nel Pisa come "la capacità degli studenti di comprendere, utilizzare, valutare, riflettere e impegnarsi con i testi per raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e partecipare alla società". Con due focus minori sulla literacy matematica (intesa sostanzialmente come le capacità di impiegarla per spiegare e prevedere fenomeni più generali) e quella scientifica (che può tradursi come l'abilità di interpretare i dati e le prove in modo scientifico). Entrando nel dettaglio, i quindicenni italiani ottengono un punteggio di 476, che è inferiore alla media Ocse (487) di 11 punti e che ci colloca a distanza siderale dalle prime: le cinesi Pechino, Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e Singapore. Di fatto, su 37 Paesi Ocse ci posizioniamo tra il 23esimo ed il 29esimo posto. Nello stesso gruppo di Svizzera, Lettonia, Ungheria, Lituania, Islanda e Israele. E dietro a Spagna e Portogallo. A penalizzarci è soprattutto il ritardo del Mezzogiorno: se Nord Est (501) e Nord Ovest (498) si piazzano addirittura sopra la media Ocse e il Centro (484) è lì, Sud e isole invece arrancano, dal basso rispettivamente dei loro 453 e 439». Ma c'è anche un passaggio su aspetti che colpiscono e influenzano gli esiti: «Passando all'esame del clima scolastico dai dati emergono due fattori di contesto degni di nota. Il primo riguarda i ragazzi. Nelle due settimane precedenti le rilevazioni il 57 per cento dei quindicenni di casa nostra ha saltato almeno un giorno di lezione contro il 21 per cento di media. Il secondo interessa il contesto. Con i dirigenti scolastici che - nonostante le maxi-assunzioni degli ultimi quattro anni - lamentano una maggiore carenza di personale e di materiale rispetto agli stranieri. E qui senza alcuna distinzione di ceto sociale o ambito territoriale». Lo scrittore Ferdinando Camon su "L'Arena" di Verona commenta così: «Arrivano i primi volumi, più di mille pagine, dell'indagine triennale del "Pisa, Programme for international student assessment", e per noi italiani è come una martellata sul cranio: ci stordisce. Ci aspettavamo quei risultati? No. Non sono impressionanti solo i dati che dicono cosa sanno i nostri ragazzi (studenti del secondo anno delle superiori), perché una lacuna nella conoscenza si può sempre colmare. No, quel che è drammatico in questa indagine internazionale è che i nostri ragazzi vengono bocciati perché "non sanno leggere". Siamo al 25esimo posto su 36. Non solo non afferrano quel che leggono, ma non capiscono nemmeno se è vero o falso, se la fonte è attendibile o no. In una fase storica come questa, in cui gran parte del materiale che c'informa viene da Internet ed Internet è diventato un Far West in cui siamo inondati di comunicazioni in gran parte interessate ed ingannevoli, se nella nostra classe studentesca solo uno studente su venti è in grado di distinguere tra fatti e opinioni, vuol dire che i nostri studenti sono prede, non sanno difendersi, nella competizione tra coetanei delle altre parti del mondo sono perdenti. Non è questione di punto di partenza. Qui in classifica ci sono studenti cinesi, dalla volontà e dall'impegno ferrei, che occupano i primissimi posti, e che domani creeranno un'economia più forte di quella costruita dai nostri figli. L'indagine distingue le classifiche, matematica e scienze da italiano, in matematica non andiamo altrettanto male, ma io (che ho sempre insegnato lingua italiana, dalle medie all'università) ho imparato che la palestra che allena il cervello e lo prepara alla comprensione del mondo è la lingua. Se non la padroneggi sei fritto. Uno che non se la cava nella lettura e nell'espressione non se la cava nella vita. In Italia gli studenti più preparati sono concentrati nel Nord-Est e nel Nord-Ovest, dove lo studio è al livello di Danimarca, Giappone, Svezia, Stati Uniti, Norvegia, mentre le scuole del Sud e delle Isole hanno risultati inferiori a Ucraina, Turchia, Grecia. Se questo è il trend, come andiamo oggi? Male. Come andremo domani? Peggio. Senza lettura e senza studio non c'è riscatto. La fonte che ho sotto mano si permette un giudizio: le differenze scolastiche tra Nord e Sud Italia si spiegherebbero con sistemi scolastici diversi. No, il sistema scolastico è uno e la Repubblica è una. Ma non funziona tutta». Purtroppo conosciamo certe magagne del nostro sistema scolastico valdostano, come l'abbandono e la scarsa propensione allo studio universitario, e dunque c'è poco da stare allegri.