Tutto gira nella nostra esistenza: arriva, sparisce, torna, si trasfigura. L'unica certezza è che bisogna godersi ogni momento ed hanno ragione quelli che, ormai come me, hanno i capelli bianchi ed ammoniscono i giovani di godersi la vita a piene mani ed a considerare che certi momenti, apparentemente insignificanti, un giorno diventeranno come pietre preziose che ci hanno arricchiti e che affioreranno magari in momenti meno lieti o quando - peggio ancora - ci si accorge che non potranno più essere replicati. Da giovani, quando ti dicono queste cose, le consideri solo banalità, ma non lo sono e lo si scopre... ex post. Ma eccomi al punto: la gita in pullman (che mia nonna chiamava "corriera") è da questo punto di vista un classicissimo della mia generazione, che è quella che ha vissuto in maniera crescente quella motorizzazione che ha trasformato in un fenomeno di costume l'uso delle automobili e anche dei pullman, che un tempo erano davvero "torpedoni" piuttosto rustici, mentre si sono trasformati in mezzi sofisticati e persino lussuosi (ciò rende ridicolo il limite di velocità dei cento chilometri orari).
Ne ricordo di gite così nelle scuole di ogni ordine e grado. Dal "Museo Egizio" allo zoo di Torino, da Portofino al San Carlone di Arona e l'elenco potrebbe essere ben più lungo. Sono pagine indelebili con le prime sortite con panini imbottiti e "Ciocorì" e qualche soldo in tasca che suonava come le prime forme d'indipendenza ed il libricino con le canzoni di "Sanremo" da cantare in coro, oltre ad alcune altre canzoni di vario stampo con rimasugli risorgimentali, della Resistenza e dei cori alpini. Poi, crescendo dalle medie in su, la gita scolastica suonava già come libertà tinta persino di qualche licenziosità. Che significava: fare casino sul pullman con i più balenghi piazzati nell'ultima fila con acquisti di "mignon" di alcolici, sigarette fumate di nascosto e soprattutto il tentativo goffo di conquistare le più belle della classe e limonare al rientro profittando del buio galeotto. Tutto si faceva, crescendo, ancora più da brivido quando finalmente si aggiungeva il pernottamento e le notti, ancora di più dei viaggi, diventavano buchi neri in cui cercare di spostarsi di stanza in stanza, fare i nottambuli inutilmente, giocare a poker a soldi o vivendo episodi buffi che poi diventeranno aneddotica. L'apoteosi fu nell'ultimo anno di Liceo con il "no" della scuola ad una gita a Parigi, che fu fatta lo stesso in una sconsiderata autogestione del viaggio, che fu già in treno con variante di mezzo di locomozione. Ma il pullman resta un oscuro rievocatore di memorie e ricordi. Ci pensavo ieri in direzione Lago d'Orta con la parrocchia di Saint-Vincent, con i genitori dei bambini che stanno facendo catechismo. Una gita fuoriporta con adulti ridiventati in parte bambini perché quasi per tutti noi si trattava di un mezzo su gomma per spostarci in un breve viaggio, ma una terribile "macchina del tempo" che ci riportava indietro e misurava anche l'abisso degli anni trascorsi. Ma nell'emozione dei bambini la conferma che tutto cambia, ma molte cose restano in fondo le stesse, perché noi esseri umani - grandi e piccoli - abbiamo una gamma di sentimenti che garantiscono certo una mole enorme di cambiamenti per situazioni mutate, ma certi caposaldi restano come delle sicurezze fatte per fortuna di gioie, di apprensioni, di risate e magari anche di pianti, di amicizie lunghe o brevi, di senso di comunità che si creano e poi spariscono, restando in fondo al nostro cuore. Perché quel che conta è accumulare emozioni che ci fanno crescere sino all'ultimo dei nostri giorni, sapendo per altro che non sappiamo mai quale possa essere e già per questo bisogna essere consapevoli di essere fortunati quando le nostre valige di esperienze sono state riempite di tante cose e abbiamo visto tante persone - e più si invecchia e più tanti scendono dal pullman... - che non hanno avuto le stesse chances. Per altro - basta avere senso di osservazione perché ciò dà il polso della società - se ci fate attenzione nei luoghi turistici i pullman non sono più pieni di bambini e ragazzi che vanno a visitare i luoghi, ma la crescita zero e l'allungamento delle possibilità di vita ha fatto aumentare il numero delle pantere grigie e in qualunque bar sull'autostrada potete vedere orde di vecchietti - teneramente simili a bambini in certe circostanze - come se ci fosse, nell'autodromo della vita, un ritorno al punto di partenza da cui però si vede più da vicino lo striscione dell'arrivo.