Prosegue la grave crisi di credibilità delle Olimpiadi invernali con la scelta di domenica dei vallesani di dire "no" alla candidatura olimpica: un venticello che sentivo arrivare dai miei contatti d'Oltralpe e che non mi stupisce affatto, quel che è certo è che, provenendo dalla Svizzera, Paese alpino per eccellenza ed iconografie, dimostra quanto i Giochi Olimpici andrebbero rinnovati, se non chiusi, perché si trovano nella mani della cricca del "Comitato Olimpico Internazionale" con la ridicola valorizzazione di città che le montagne le vedono da distante, con spese miliardarie, spesso buttate al vento per il mancato riutilizzo delle strutture e con gare con discendente appeal verso il pubblico.
Scrive "Le Nouvelliste" con realismo: "Avec leur non, les Valaisans entraînent tout le pays avec eux vers la fin du rêve olympique. Dans le canton, la question d'un nouveau modèle touristique refait surface à la suite de la division villes/stations. La flamme est éteinte. Pour de bon. Alors que les partisans des Jeux olympiques d'hiver en Suisse et en Valais espéraient raviver la braise de Sion 2002 et 2006, la version 2026 n'aura finalement pas convaincu la population. Avec 53,98 pour cent de non aux Jeux et 62,6 pour cent de participation, le résultat de dimanche est sans appel. Il sonne le glas de tout autre projet estampillé des cinq anneaux colorés pour longtemps, très longtemps, en Valais en tout cas, et en Suisse certainement. Les Valaisans ne veulent pas des Jeux et entraînent dans leur volonté tout le reste du pays, malgré le oui enthousiaste de la commune bernoise de Kandersteg vendredi soir, la seule autre assemblée populaire à avoir eu la possibilité de voter sur ce thème. Alors que durant toute la campagne, ce sont les clivages de générations et de couleurs politiques qui couvaient, c'est au final une partition géographique qui aura fini d'enterrer le projet olympique. En effet, si les communes touristiques ont la plupart du temps plébiscité Sion 2026, ce sont la plaine et les villes qui ont eu raison du crédit de cent millions qu'aurait dû débloquer le canton du Valais pour organiser ces JO". Per onestà segnalo questo non è valido per la stazione collegata con la nostra Valle, visto che Zermatt ha votato "no". Si aggiunge il fatto che vent'anni fa, quando partì la candidatura poi seccamente sconfitta da Torino, il clima a Sion era ben diverso e pieno di entusiasmo e speranza, mentre questa volta aleggiava scetticismo sui costi e anche sull'enorme panzana dei giochi "ecocompatibili" ed appunto "low cost", evidente esca per convincere i gonzi. Viene in mente la candidatura valdostana, spenta per sempre nel 1992 con referendum popolare, per altro in un clima piuttosto ridicolo, visto che la Valle d'Aosta aveva già perso le Olimpiadi invernali del 1998, assegnate alla città giapponese di Nagano. Ma la vittoria dei "sì" avrebbe aperto ad una candidatura per il 2002 (che si tennero a Salt Lake City) che cadde invece definitivamente e per sempre, tranne rare voci valdostane - piombate subito nel vuoto - che si baloccavano qualche tempo fa per la corsa al 2026, appena bocciata dai nostri cugini al dà del Gran San Bernardo. Forse il solo rimpianto credibile riguarda semmai la mancata collaborazione valdostana con Torino per le sue Olimpiadi invernali del 2006, scelta che venne affossata dal "gran rifiuto" di chi comandava all'epoca. Avremmo potuto avere qualche prova olimpica e anche la modernizzazione della ferrovia. Ora in Italia si guarda al 2026 con la scelta della sede, che avverrà a Milano con sessione "Cio" a settembre 2019 con opzione europea pressoché certa. Per la cronaca ha già rinunciato per i costi esorbitanti la svedese Stoccolma e restano in pista la canadese Calgary, la giapponese Sapporo, più la turca Erzurum. Mentre sempre sul piano internazionale - come cartina di tornasole - avevano detto di "no" alla candidatura sia i Grigioni in Svizzera, mentre il rifiuto popolare del Tirolo austriaco ha di conseguenza tagliato le ali a Trento e Bolzano, che speravano di essere della partita transfrontaliera (l'Austria ha presentato in alternativa Graz). Resta una vaga candidatura delle Dolomiti venete, che già appare un buco nell'acqua e intanto Milano si è fatta avanti con la Valtellina, così come, con un passo avanti e uno indietro, Torino, che vorrebbe riavere - con zero possibilità - la manifestazione a cinque cerchi. Ma, se qualcosa avanzasse davvero, ci penseranno a bloccare tutto i cittadini con l'arma del referendum. La verità è che le Olimpiadi vanno seriamente ripensate, altrimenti nessuno mai più accetterà - lo si è visto con il "fuggi fuggi" anche dalle candidature delle Olimpiadi estive - il bagno di sangue finanziario della loro organizzazione, per non dire del pasticcio crescente fra sport vecchi e nuovi, doping in una guerra infinita fra guardie e ladri e status da "dilettanti" degli atleti che fa ridere i polli... Resta il fatto che nella sconfitta nel Vallese dei favorevoli alle Olimpiadi c'è di mezzo anche il Cervino, vista la levata di scudi che ci fu quando, a inizio anno, il bizzarro magnate svizzero Christian Constantin salì in elicottero sulla Gran Becca - prendendosi una multa - con l'ex sciatore vallesano Pirmin Zurbriggen, facendo un fuoco beneaugurale con un bidone pieno d'olio in favore delle Olimpiadi. Un "mauvais geste" che non ha avuto successo.