Ci sono gesti quotidiani del passato che tornano alla memoria. Come diceva Marcel Proust: «Le souvenir d'une certaine image n'est que le regret d'un certain instant». Ci pensavo in queste ore, quando mi è venuto in mente - chissà come mai - un gioco infantile di quando mia mamma mi faceva stendere con le dita la pizza nella teglia e prepararla con olio d'oliva, pomodoro e tutto il resto, comprese le olive taggiasche. Finiva nel forno a gas, da accendere buttando il cerino acceso in un specie di buchino, e io la guardano dal vetro la "mia" pizza. Così, se valesse qualcosa, propongo la collezione di alcune cartoline di vita: alcune delle mie prime memorie, che ogni tanto spuntano associate ad un momento, un oggetto, una lettura.
In questi giorni - e qui finisco la premessa - abbiamo dato vita, con vivo successo, ad un "gruppo Whatsapp" della III B del Liceo Carlo Botta di Ivrea: è un fiorire di aneddoti che ricostruiscono quei giorni a scuola, come una catena che consente di collegare tanti episodi gli uni agli altri. Ma ora metto una marcia ben più indietro. Mi rivedo nel percorrere avanti indietro la spiaggia: se con i miei cugini cercavano tra i ciottoli i pezzi di vetro verdi smussati dal mare per infilarli - con un ritorno alle origini - in una bottiglia di vetro, se di sabbia erano - facendo la stessa fine - le conchiglie imprigionate nella sabbia della battigia, che finivano poi a centinaia di chilometri in memoriam. Che responsabilità vagabondare nei boschi in montagna alla ricerca dei funghi, frugando nel sottobosco come diceva papà con attenzione e aguzzando la vista, sino ad avere la soddisfazione di un bel porcino che sembrava guardarti di sottecchi, che finisce poi fatto a fette messo a seccare al sole. Mi immagino com'era in bicicletta percorrere il mio paese sino alla tabaccheria dove vendevano le figurine "Panini": sapevo bene cosa mi mancava per la collezione e quelle in più finivano in tasca nel mazzo di quelle doppie legate da un elastico. Poi a scuola l'istruttiva compravendita. E la scoperta che il tempo si rallenta? Sono piccolo nel sedile dietro della macchina sulla strada statale. Nitido il ricordo di un trattore che appare, papà che impreca e sterza e la macchina che gira su sé stessa e mi ritrovo a guadare i miei piedi rivolti verso il soffitto e vengo preso e portato fuori come un sacco. E la paura? Seduto per la prima nel cinema ormai scomparso di Verrès con sedili spartani in legno e puzza di sigaretta spunta sullo schermo la strega cattiva con la mela avvelenata per Biancaneve: afferrò il braccio di papà e scopro quanto si debba fare attenzione alle mele avvelenate. Papà era tabagista: dalla mia cameretta lo sentivo svegliarsi presto per iniziare i suoi giri nelle stalle e accende la sua immancabile sigaretta. Fuma dappertutto e racconta a me bambino che quando era prigioniero in Germania scambiava il pezzo di pane del rancio per una sigaretta. Io non fumo. I due architetti Saltarelli e Piccato progettarono la casa dei miei genitori con una divisione fra parte giorno e parte notte rappresentata da cinque scalini. Da piccolo inciampavo ogni tanto e ho sulla fronte il segno di qualche scalino: ogni volta pisciavo sangue dalla ferita come una fontana. Mia mamma regolarmente sveniva. Altro che merendine: il piccolo "Alimentari" (oggi due garage...) proponeva panini per gli intervalli. Come si poteva resistere ad un panino all'olio imbottito con la pancetta? Il gesto è indubbiamente quello di affondarci i denti. Poi un "Ciocorì" dava un segno di modernità... I piccoli frutti - quelli presi dalle piante e selvatici! - sono un allungare la mano e goderselo d'emblée. Le fragoline di bosco sono minuscole ma hanno quel gusto senza eguali che le rende uniche . E le more dell'entroterra ligure sono meravigliosamente frutto del sole. Mi fermo qui e ripongo nel cassetto queste immagini del mio passato, che sanno farmi compagnia.