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22 lug 2017

La filastrocca dei luoghi comuni

di Luciano Caveri

«Ambarabà Ciccì Coccò Ambarabà Ciccì Coccò tre civette sul comò che facevano l'amore con la figlia del dottore.
Il dottore si ammalò Ambarabà Ciccì Coccò». Nella vita, sin da alcune filastrocche infantili come questa, ci sono degli elementi misteriosi, di cui prendere atto senza troppo chiedersi un perché. Per questo adoro i luoghi comuni, che scaldano la nostra vita, come una minestrina tiepida e diventano le filastrocche di oggi, persino più sintetiche.

«Dove andremo a finire!»: ormai abusata formula, talmente millenaristica da chiedersi come sia possibile rendersi conto che l'abuso è stato tale da spingerci ormai ai confini dell'Universo. Si può dire che fa il pari con la frase usata come arma letale per troncare certe discussioni: «Ti accorgerai quando avrai dei figli». Da usare con cautela per chi è evidente abbia perso speranze di maternità o paternità. Fra le mie preferite c'è: «La Juve paga gli arbitri», che poi - essendo io juventino - riesco a schifare ammettendo i fatti e evito condanne peggiori della frase stessa. Per altro tifassi Torino chiederei di piantarla con la storia, pure menagrama, de «Il grande cuore granata». Si apre un mondo di discussione oziose sull'assunto: «Una volta i cibi erano più sani», che veniva usata anche in cui non c'erano neppure i frigoriferi, ma resta un classico della banalità. Avendo una macchina scura, in questa estate torrida, subisco le moleste di chi pontifica: «La macchina nera d'estate diventa un forno». Sfugge che ho tettuccio apribile e aria condizionata. In un'epoca di analfabetismo e non più solo di ritorno, ma anche d'andata, riprende quota la rassicurante: «Con la cultura non si mangia». Esistono troppe storie che dimostrano il contrario in barba a chi l'ha inventata. Andrebbe altresì lasciata perdere «Quello che non ti uccide ti rende più forte»: conosco persone uscite talmente malmesse da incidenti o malattia, che aspettano solo il cretino che pronunci una frase così. La versione più estensiva, anche alle ferite morali suona « Il tempo guarisce tutte le ferite». Anch'essa suona malissimo alle orecchie di chi si vorrebbe consolare. Se poi le cose vanno male del tutto trattenetevi dal «Sono sempre i migliori a morire», a meno di non avere riscontri certi sul defunto. «E' intelligente ma non si applica»: siamo alla maledizione di chi non è secchione e questa diceria si applica di generazione in generazione. Al suo aspetto consolante sul breve fa da contraltare la speranza che si trovi una versione nuova, tipo «Sta troppo sui "Social"», breve ma efficace. A darvi la nomea di "vecchio bacucco" ci pensa il «Una volta ci si divertiva con poco», che vi bolla per sempre, specie se verrete colti a pronunciare la celebre «Non ci sono più le stagioni» (o mezze stagioni), che per altro ha ormai fatto la sua parte ed è meglio esibirsi con il cambiamento climatico. Da galera, in quanto ammuffite, due fasi sempre al top: «I giovani di oggi non hanno voglia di fare nulla» e la sempreverde «I politici sono tutti ladri», che fanno affogare nella banalità anche un genio.