«Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma», così il chimico francese Antoine Lavoisier. Non sapeva che il suo aforisma potesse essere applicato a pieno anche alla politica. A suo tempo, l'abolizione, decisa dal Governo Monti, della festività connessa giorno del Santo patrono di ciascun Comune, mi aveva convinto della necessità di riposizionare la "Festa della Valle d'Aosta" - nata con legge regionale del 2005 - , spostandola dal 7 settembre e accorpandola al giorno del 27 febbraio, data di emanazione dello Statuto d'Autonomia, che diventa la domenica più vicina alla data, quando non è un festivo. Peccato che poi la festività dei Patroni sia rimasta e non ci stata nessuna "abolizione civile", mentre in Valle non si è affatto irrobustita, come previsto, la celebrazione dell'autonomia, rendendola più popolare per evitare il paradosso che l'unica grande festa aostana sia quella - lo dico con rispetto - dei calabresi. E' rimasta, invece, una cerimonia ufficiale triste e grigia senza nessuna novità vera. Insomma: soppresso il nuovo, è rimasto il vecchio, tel quel. Non vale neppure il discorso del risparmio: la "Festa della Valle d'Aosta" si poteva fare low cost e per pagarla bastava un pezzo di quel che "Cva" spende in fuochi d'artificio e altre amenità "panem et circenses", per non dire dell'ormai vastissima attività del Forte di Bard, che si occupa pure di corse in montagna. La verità è che la "Festa" l'avevo proposta io al voto favorevole del Consiglio regionale e, come molto altro, è finita nel tritacarne di chi, dopo di me, ha goduto di fare tabula rasa del passato. Se questo è stato fonte di piacere me ne compiaccio: ho fatto del bene. A me spiace perché il 7 settembre era una combinazione di vicende storiche: giornata del Patrono, quel vescovo Grato, che emerge dalle nebbie della storia più antica agli albori della cristianesimo, giornata delle udienze generali dei Savoia nel Duché d'Aoste e, per caso, data di emanazione di quel decreto luogotenenziale del 1945 su cui si fonda una parte basilare dell'attuale ordinamento valdostano. Per fortuna la parte religiosa non era soggetta alla capricciosità del potere politico e San Grato può sfilare in processione senza far la fine della Festa e trovarsi vittima di qualche "ukase".