«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta». Settant'anni fa, l'8 settembre 1943, alle 19.42 dai microfoni dell'"Eiar", l'allora Capo del Governo italiano, quel maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, annunciava l'entrata in vigore dell'armistizio firmato con gli anglo-americani cinque giorni prima. Così Badoglio, già legato alla sconfitta di Caporetto della Prima Guerra mondiale, legherà il suo destino e la sua pessima fama anche a questo atto esemplare dell'8 settembre, passaggio topico per la storia italiana, dopo che il 25 luglio Benito Mussolini era uscito di scena per un voto avverso dei "suoi" del Gran Consiglio. Tornerà con la Repubblica di Salò, "fantoccio" dei nazisti sino alla sua morte il 28 aprile del 1945.
In quei mesi cruciali, si snodano vicende importanti per la Valle d'Aosta: si tratta, contro le angherie costruite dal regime fascista, diventate sempre più - in combutta crescente coi tedeschi - di una violenza cieca ma calcolata per distruggere l'identità dei valdostani e di una violazione sistematica degli elementari principi democratici, di una ribellione contro la dittatura. Una presa di coscienza che sfocia, dopo l'8 settembre, in un rafforzamento della lotta partigiana, che vede confluire nella Resistenza quegli elementi pregressi di antifascismo che sin da subito in Valle, come la "Jeune Vallée d'Aoste", avevano saputo leggere gli esisti della svolta totalitaria, con i tanti - compresi i giovani - che acquisiscono nel tempo le ragioni di un'indispensabile svolta di lotta armata contro il nazifascismo. In questa temperie la ricerca della libertà in Valle si incrocia con la "question valdôtaine" e dunque la consapevolezza di trovarsi in uno di quei momenti effervescenti della Storia, che avrebbero potuto consentire alla Valle di riottenere - in forma contemporanea - un soddisfacimento di quelle speranze di autonomia, espresse con chiarezza da Emile Chanoux, ucciso poi dai fascisti nel maggio del 1944. In un periodo breve, ma preparato da quell'élite di intellettuali valdostani che tennero viva l'identità di un popolo che rischiava di essere soffocata dal fascismo, con l'aiuto dei tanti giovani "saliti in montagna" per aderire alla Resistenza, si gioca la partita che porta alla nascita dell'attuale autonomia valdostana. Certo le attese erano molto più grandi e gli scenari prefigurati all'epoca assai diversi gli uni dagli altri, ma a settant'anni di distanza - poiché la storia non si scrive con i "se" e con i "ma" - non dobbiamo essere distratti su un punto. La data dell'8 settembre non va dimenticata per il suo valore esemplare: una giornata terribile e concitata, che chiude di fatto un ciclo storico di una dittatura ventennale con scelte che mostrano, tra l'altro, l'incapacità della Monarchia sabauda di gestire, in modo efficace e intelligente, l'uscita dalla guerra. Per questo non ci dev'essere, specie nei confronti dei giovani, una lettura anodina e stucchevole di certi fatti storici, ma bisogna sforzarsi di dare calore e emozioni nel ricordare gli avvenimenti che hanno portato alla nascita della Repubblica e alla costruzione nostra autonomia speciale. Senza radici e senza consapevolezza non si va da nessuna parte.