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23 feb 2012

Il collante del Carnevale

di Luciano Caveri

Chi mi legge da tempo sa quanto sia interessato dai meccanismi e di trasformazione del complesso di tradizioni che caratterizzano una comunità. Trattandosi di invenzioni culturali, ci troviamo di fronte ad una sorta di continua trasformazione che si cristallizza per un attimo, pronta poi a mutare. Pensavo al Carnevale di Verrès, il decano dei carnevali storici, nato nel 1948, in parte come elemento della vitalità del dopoguerra, quando lo slancio della libertà portava inevitabilmente ad una voglia di vivere che in parte la mia generazione ha vissuto. Sul palcoscenico del Carnevale si sono ormai succedute quattro, se non cinque, generazioni. In molti ormai sfilano con i propri bambini piccoli e intere famiglie formano, in un paese relativamente piccolo, quel nucleo senza il quale la festa declinerebbe. E' interessante appunto vedere come la trasmissione di generazione in generazione abbia davvero resa solida la tradizione, pur con le modificazioni necessarie nel tempo e che non si arrestano mai. In questo caso - che sarebbe oggetto interessante di una tesi di laurea - il Carnevale è stato un collante di una paese che proprio nel dopoguerra viveva delle trasformazioni sociali ancora più profonde dei decenni precedenti a causa delle forti ed eterogenee ondate migratorie specie a fronte dell'industrializzazione. Non è certo il caso di fare della sociologia in pillole, ma è vero che la festa, come momento di aggregazione e di conoscenza reciproca, sia un meccanismo importante attorno a simboli e a riti che servono per identificare una comunità. Anche attraverso la gioia e il baccano del Carnevale.