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22 feb 2012

Le montagne e il clima che muta

di Luciano Caveri

Dopo essermi occupato del problema del "digital (e cultural) divide", cioè la difficoltà di accesso alle nuove tecnologie ("fracture numérique" in francese) e del loro utilizzo negato ad una parte di popolazione analfabeta informatica, e dopo aver trattato delle minoranze linguistiche alla luce del "Trattato di Lisbona", sono nuovamente relatore di un parere d'iniziativa al "Comitato delle Regioni". So che il titolo fa schifo, ma è il frutto di una lunga negoziazione con il gruppo socialista che mi ha posto qualche problema per via di un collega teutonico piuttosto têtu, e recita "Approcci regionali specifici ai cambiamenti climatici nell'Unione Europea sulla base dell'esempio delle regioni montane". Dietro l'etichetta un tema che mi sta a cuore: i cambiamenti climatici incideranno molto e in parte già lo fanno sulle diverse montagne europee a seconda delle caratteristiche di ciascuna e questo - è per noi ben chiaro con le Alpi - in quella logica di massiccio cara ai geografi. Quei cambiamenti - pensiamo alla scomparsa dei ghiacciai - incideranno in profondità sulla vita delle comunità e non solo sui paesaggi e sappiamo bene come certe fragilità del territorio e la forza distruttiva, ad esempio delle inondazioni, riguardi tutte le pianure sottostanti. La modellistica avrà un carattere esemplare di approcci "regionali" ai cambiamenti climatici e spero di poter contare, avendo la possibilità di avere un esperto come supporto al parere, sul meteorologo Luca Mercalli, che non solo ha competenza scientifica ma ha anche la sensibilità politica per rendere interessante un parere che si baserà - quello è il mio lavoro - su riflessioni in un involucro giuridico. Scrivere questi pareri, discutendone con i colleghi di tutta Europa, finisce per essere un lavoro di cesello, direi artigianale e, per quanto possa apparire bizzarro, pieno di soddisfazioni. Ognuno ha le le proprie manie e questa "passione" è davvero innocua!