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15 feb 2012

La tecnocrazia

di Luciano Caveri

I partiti e i politici "soffrono" della presenza di un "Governo tecnico", chiamato al capezzale dell'Italia, come in parte già avvenne nel periodo del post "Tangentopoli". Ma questa volta il Governo Monti, che pure non manca di affermare la centralità del Parlamento, appare ancora più slegato dalla "politique politicienne" e va avanti come un rullo compressore. Questo atteggiamento, che pure si dimostra ingiusto proprio e ad esempio nei confronti delle Autonomie speciali, non penso spiaccia all'opinione pubblica. Se è vero, infatti, che certe batoste dei "professori" sono riusciti a fare arrabbiare tutti, specie con una fiscalità salita a livelli folli, quel pizzico di antipolitica che questo Governo incarna coincide perfettamente con il livello più basso di credibilità di partiti e politici ad essi legati.

Per correre ai ripari, non essendoci alternative alla democrazia parlamentare, l'unica cosa da fare è riformare i partiti. Per renderli credibile dovrebbero smettere di essere macchinoni elettoralistici e clientelari e essere, invece, lo snodo fra società e politica. Detto così, specie in realtà piccole come la Valle d'Aosta, la questione dovrebbe risultare agevole. Ma non è così perché comportamenti e incrostazioni della "vecchia" politica rischiano di creare strutture sempre più rigide e inadatte alla modernità. Così, per reagire ai rischi che una distanza siderale separi politica e società e per sventare qualunquismo e demagogia, non resta che il lavoro quotidiano per riformare il sistema politico e "nobilitare" i partiti.  Altrimenti non solo avremo sempre tecnici sostituti di politici, ma si potrebbe aprire la strada ad un dolce disinteresse a beneficio, alla fine, di una democrazia anestetizzata e, in senso negativo, tecnocratica.