Che cosa sia l'identità d'un popolo è un argomento sempre difficile da affrontare. Bisogna farlo in punta di piedi perché in passato, come anche oggi, i pacifici elementi identitari, cioè che cosa contraddistingua la cultura di un popolo da quella di un altro, sono sfociati spesso nell'aggressività nazionalistica. Consola che i valdostani aggressivi non lo siano mai stati, mentre l'inverso, cioè l'aggressività verso di loro si è spesso manifestata e ancora oggi c'è chi, sembra incredibile ma è vero, viene ospitato sui giornali locali per dire che la valdostanità è un'invenzione.
Chissà che cosa si vorrebbe intendere: ogni costruzione nazionale è una costruzione culturale e come tale fatta di un insieme di fatti, idee, miti, pensieri e via di questo passo. Una costruzione criticabile come tutto ma da qui a essere "negazionisti" il passo è veramente lungo, a meno che non si voglia provare l'operazione ardita di dire che «i valdostani non esistono» perché, setacciato tutto, resta solo «un italiano vero» (alla Toto Cutugno). Il cortocircuito potrebbe derivare allora dalla domanda: «chi è un italiano?» Personalmente credo che non ci si debba fare troppi complessi e considerare l'identità di ogni popolo, compresa quella valdostana, esattamente come la ricchezza di flora che rende un prato di montagna quello che è. Il prato è naturalmente l'umanità intera e noi dobbiamo batterci per esserci e non essere omologati ad altri, perché sarebbe come buttare via storia e tradizione nel perenne sforzo di adeguarle alla modernità.. Come non rifletterci all'indomani della "Foire" di Donnas e a pochi giorni dalla "Fiera di Sant'Orso" che, sino a pochi decenni fa, modesta fiera artigianale e contadina nel cuore dell'inverno, si è evoluta in appuntamento onnicomprensivo e affetto da un evidente gigantismo, di cui l'appuntamento in Bassa Valle è una sorta di résumé. Si tratta come di un enorme calderone in cui confluiscono diversi ingredienti: l'artigianato tradizionale nelle sue punte élitarie, l'artigianato locale in diverse espressioni, la kermesse enogastronomica dall'eccellenza alla ristorazione rapida, la cultura musicale ed il folklore più facile, la festa gioiosa e misurata e la sbornia e la rumorosità eccessive. Tutto e il contrario di tutto: chiunque decidesse di prendere "Sant'Orso" come elemento di riflessione sull'identità valdostana uscirebbe da questo guazzabuglio con le idee ancora più confuse di prima. Eppure di "Sant'Orso", con i suoi colori, odori, lingue, personaggi non si può proprio fare a meno: è un appuntamento rassicurante, profondamente antico e sempre uguale, ma assieme nuovo e diverso secondo le circostanze e lo stato d'animo.