Ti svegli al mattino e ti dici: «Ne ho solo accennato, ma non ne ho parlato». Ti metti davanti al computer e pensi - di fronte al fatto che a non parlarne sembri scemo visto che sul blog le cose importanti le annoti da anni - a quale tono adottare: scherzoso, serioso, cronachistico... Confesso come sul "caso Ruby", che d'improvviso è rispuntato con aspetti di evidente gravità, ho un vero e proprio voltastomaco ad occuparmene specie ora che in parte il dibattito è assorbito da quelle procedure parlamentari che sono interessantissime per la loro parziale misteriosità per l'opinione pubblica, ma che ho ben compreso nel lungo periodo di lavoro parlamentare. Mi deprime l'idea del solito teatrino che ormai vige in Italia: berlusconiani ed antiberlusconiani, i primi disponibili a digerire qualunque cosa «perché il popolo è sovrano» ed i giudici «comunisti», i secondi afflitti dalla sindrome della sconfitta e eccitati come dei tifosi ogni volta che sembra che «l'uomo nero» stia per cadere. Certo è che le prime pagine dei giornali - oggi come tante altre volte - con le posizioni contrapposte da "guerra fredda" dicono tutto e il contrario di tutto di una vicenda, comunque la si veda, triste e squallida per l'Italia, che appare sempre più un Paese paralizzato senza classe politica e tutto teso a ruotare attorno al "fattore B". Guardare avanti, voltare pagina, ricentrare la discussione: tutto appare impossibile come bloccato in una sorta di fissità, un freezer della politica.