Sono sempre stato e resto contrario all'ingresso della Turchia nell'Unione europea. Lo sono stato quando la Turchia era davvero sulla soglia e sarebbe bastato un nonnnulla per chiudere la partita e ritrovarsi i turchi cittadini europei. La contrarietà è semplice: la Turchia non è geograficamente in Europa, la sua popolazione non ha cultura europea, il precedente allargherebbe a dismisura l'Europa. Oltretutto la Turchia ha avuto atteggiamenti con il popolo curdo di palese violazione di quei diritti umani caposaldo dell'appartenenza europea.
Resto contrario a questa idea anche oggi, per quanto - spenti gli entusiasmi berlusconiani (che ha predicato persino di allargare alla Russia) specie grazie al ticket Nicolas Sarkozy ed Angela Merkel - per arrivare ad una ripresa del dialogo vero e proprio per l'adesione, spostato all'orizzonte del 2015, rende il tema meno pressante. Tuttavia, la recente vicenda della nave turca che ha cercato di forzare il blocco navale israeliano a Gaza, con l'uso sbagliato e condannabile della violenza da parte delle truppe d'élite israeliane, ha mostrato - anche con le dichiarazioni del premier Recep Tayyip Erdogan - la deriva islamista di un Paese che era tradizionalmente laico e filoccidentale nel solco modernizzatore di Mustafa Kemal Atatürk. Altro esempio che serve ad avere un atteggiamento negativo: il flirt turco con Iran e Siria che mina i precari equilibri di quella parte di mondo, mostrando un capovolgimento di fronte. Episodi utili per smetterla con la retorica filoturca che sembrava più pensare al business che alla politica, svendendo gli ideali europeisti. L'islamismo radicale sbarcherà sempre più in Turchia e già oggi l'apparente moderatismo cela un volto feroce e l'ucciso recente di Monsignor Luigi Padovanese è un segno. Noi, nelle nostre società, predichiamo giustamente la libertà religiosa, mentre il cristianesimo declina, perché perseguitato, in molti Paesi del mondo. E il silenzio è imbarazzante.