Ogni tanto, direi con una periodicità che assomiglia all'uccellino che esce dall'orologio a cucù, emerge il tema della riforma dello Statuto d'Autonomia. Poiché le riforme più sostanziose le ho proposte o seguite personalmente, quando ero alla Camera, nell'arco fra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Duemila, credo di potermi esprimere sul tema. Per altro, aggiungerei che la stessa Convenzione che "ci ha provato" nella scorsa Legislatura è maturata sulla base di un'idea che riecheggiava il percorso del "Trattato costituzionale europeo", che avevo seguito da vicino quando ero a Bruxelles. Ebbene, più il tempo passa, e più il punto diventa la necessità di scrivere nell'articolo 116 della Costituzione, che fonda l'Autonomia Speciale, il principio dell'intesa. In soldoni: se domani il Consiglio vota un proprio Statuto che diventa proposta di legge costituzionale in Parlamento va evitato che nel passaggio alle Camere, a colpi di emendamento, si modifichi il contenuto della proposta stessa senza un accordo vero e proprio della nostra Valle. Evitando la lunga cronistoria della questione, fra promesse e proposte, resta il fatto che ormai parlare di riforme, senza questa rete di protezione, diventa più un rischio che una necessità.