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30 mag 2025

Solidarietà al Valais

di Luciano Caveri

La notizia viene dal Valais.

Esattamente da un villaggio situato a 1500 metri, che si trova a circa 150 km da Aosta.

A metà maggio, il Kleines Nesthorn, una vetta di 3342 metri situata sopra il ghiacciaio Birch, ha mostrato segni di instabilità.

Tra il 14 e il 19 maggio, si sono verificati crolli di roccia che hanno portato purtroppo all'evacuazione del villaggio. Il 23 maggio, la cima della montagna è crollata completamente, depositando milioni di metri cubi di detriti sul ghiacciaio sottostante. Questo ha aumentato la pressione sul ghiaccio, accelerandone il movimento fino a raggiungere una velocità di 10 metri al giorno. Ieri a massa instabile ha ceduto di botto, generando una frana – vista con orrore dalle immagini filmate -che ha travolto Blatten e ostruito parzialmente il fiume sottostante Lonza.

Il consigliere di Stato del Vallese, mio amico, Franz Ruppen, ha parlato di «catastrofe totale che va ben oltre ciò che pensavano gli abitanti».

Un disastro legato alla crisi climatica in atto. Negli ultimi due anni, i ghiacciai svizzeri hanno perso il 10% del loro volume, con una riduzione del 6% nel 2022 e del 4% nel 2023, i tassi più alti mai registrati. Il riscaldamento globale sta accelerando la fusione dei ghiacci e destabilizzando le montagne alpine, aumentando il rischio di eventi catastrofici.

Per altro in Valle d'Aosta, diverse leggende parlano di paesi scomparsi, spesso associate a eventi naturali o a storie popolari. Tra queste, la storia del quella del lago di Lod, che si dice abbia inglobato un villaggio. Anche la leggenda della valle perduta, un'antica storia walser, racconta di un luogo paradisiaco scomparso.

Reale, invece, fu distacco della frana cheavvenne il 6 luglio 1564 alle 6 del mattino, provocando la distruzione di Thora che sorgeva nell'incisione del torrente Clusellaz su un pianoro del versante sinistro orografico opposto a quello di provenienza della frana, nella località oggi chiamata Goille Épeissa.

È controverso il numero delle vittime che furono coinvolte nella catastrofe; sebbene ci sia accordo sul fatto che a Thora vivesse almeno un quarto degli abitanti di Sarre, alcuni parlano di circa 500 persone, altri sostengono che fossero 120. Pare sia scampata al disastro una sola famiglia. In ogni caso, l'evento franoso della Becca France è stato il più grave nella storia valdostana.

Quel che è certo è che le Alpi sono considerate un "hotspot" dei cambiamenti climatici, ovvero una regione particolarmente sensibile e colpita dagli effetti del riscaldamento globale. La temperatura media annua nella regione alpina è aumentata quasi del doppio rispetto alla media dell'emisfero settentrionale negli ultimi 150 anni, con un incremento ancora più marcato nelle Alpi italiane negli ultimi 30 anni.

Quali siano le conseguenze già lo viviamo. I ghiacciai alpini stanno scomparendo a un ritmo allarmante. La superficie dei ghiacciai alpini è oggi ridotta a circa un quarto della massima espansione raggiunta a metà del 1800. Si prevede che, anche con una protezione coerente del clima, solo circa il 37% del volume dei ghiacciai del 2017 sarà preservato, mentre senza misure di protezione, solo circa il 5%. Entro la fine del secolo, la portata idrica legata ai ghiacciai potrebbe ridursi del 45%. Ci sono studi ancora più pessimisti su tempi e conseguenze.

Il disgelo del permafrost (terreno perennemente ghiacciato) destabilizza le montagne, aumentando il rischio di crolli, cadute di massi e frane. Questo ha implicazioni significative per la sicurezza delle infrastrutture e delle attività in montagna, compreso l’alpinismo.

Lo scioglimento dei ghiacciai porta alla formazione di nuovi laghi in aree che prima erano coperte dal ghiaccio, con il rischio di improvvisi riversamenti a valle e in passato le zone vicini a La Thuile hanno avuto fenomeni simili.

Si registra una forte diminuzione dei giorni senza disgelo e un anticipo delle condizioni di fusione del manto nevoso. La neve fresca è in diminuzione, con percentuali dal 10% al 20% negli ultimi trent'anni. Si stima che la quota media delle nevicate possa aumentare di circa 130-140 m entro il 2040 e di 350-400 m entro il 2070, con una conseguente diminuzione degli apporti complessivi di neve fresca. Per sciare bisognerà salire sempre più in alto e riconvertire parte del turismo.

La diminuzione delle precipitazioni nevose, che rappresentano una riserva d'acqua cruciale per il periodo estivo, associata all'allungamento dei periodi secchi, tende a favorire situazioni di scarsità idrica in alta montagna. Questo influisce anche sulla produzione delle centrali idroelettriche e fa riflettere sulla necessità di avere bacini di accumulo.

L'arretramento dei ghiacciai libera nuovi spazi (piane proglaciali) che possono essere colonizzati da nuove specie, ma al contempo molte specie alpine specializzate non riescono ad adattarsi ai rapidi cambiamenti di temperatura e habitat, rischiando l'estinzione.

Un’espansione delle aree popolate da piante altera gli equilibri ecologici e la biodiversità così unica e ricca delle Alpi. Le piante alpine sono adattate a condizioni difficili e l'aumento della vegetazione da parte di specie più competitive mette sotto pressione la biodiversità locale. Questo vale anche per specie animali allogene.

Inoltre, già vediamo il rischio di piogge violente e intense, con caratteristiche che possono richiamare quelle "quasi monsoniche", in relazione al cambiamento climatico nelle Alpi.

Il cambiamento climatico non porta necessariamente a un aumento uniforme delle precipitazioni totali, ma piuttosto a una loro ridistribuzione nel tempo e nello spazio. Si osservano – anche se pare un paradosso -periodi di siccità più prolungati seguiti da eventi di pioggia molto più intensi e concentrati in poche ore o giorni. Questo è un "effetto serra" che altera il ciclo idrologico.

Queste piogge violente aumentano esponenzialmente il rischio di inondazioni, frane, smottamenti e colate detritiche. Il terreno, già indebolito dallo scioglimento del permafrost e dall'erosione glaciale, non riesce ad assorbire rapidamente così tanta acqua. In inverno o primavera, le piogge intense sulla neve possono destabilizzare il manto nevoso, provocando valanghe di neve bagnata, molto pericolose e distruttive. Strade, ponti, ferrovie e insediamenti sono a sempre rischio di essere danneggiati o distrutti da eventi estremi.

Non bisogna farsi prendere da ansie e da panico. Si tratta di lavorare per adattarsi a questi cambiamenti e, laddove possibile, contrastarli. Sapendo, tuttavia, che questo comporta costi elevati e azioni concrete, compresa l’educazione al cambiamento delle popolazioni.

La Valle d’Aosta ci sta lavorando anche con le altre Regioni alpine.