“Morto un Papa, se ne fa un altro”.
Detto popolare, che verrebbe da ascrivere a certo cinismo dei romani che ospitano il Vaticano e che sottolinea come nessuno sia insostituibile.
Anche per il Pontefice è così. Mentre si apprestano i funerali, si preparano i riti antichi del Conclave per eleggere il successore del defunto.
Una catena di successioni su cui, non molto tempo fa, davo i numeri.
La Chiesa cattolica ha avuto un due millenni, partendo da San Pietro sino all’attuale Pontefice, un totale di 266 Papi.
La maggior parte dei Papi, ben 213, risultano di origine italiana, anche se in realtà l’Italia vera e propria è nata nel 1861 dall’Italia (con Roma annessa nel 1870, fatto salvo il Vaticano). Altri Papi provenivano da diversi Paesi, tra cui 15 dalla Francia, 8 dalla Grecia, 7 dall’area tedesca, 3 dalla Spagna e 1 ciascuno da Portogallo, Dalmazia, Inghilterra, Paesi Bassi, Polonia e Tracia. Inoltre, tre Papi erano di origine africana, cinque siriani e tre originari della Terra Santa.
Fra tutti questi, 80 Papi sono stati nel tempo proclamati Santi. Ricordo in successione quelli che hanno accompagnato sino ad ora la mia vita.
Papa Giovanni XXIII (1958–1963), il cui nome era Angelo Giuseppe Roncalli.
Seguì Papa Paolo VI (1963–1978), vale a dire Giovanni Battista Montini.
Gli succedette, per soli 33 giorni, Papa Giovanni Paolo I (1978), Albino Luciani.
Fu lungo il papato di Papa Giovanni Paolo II (1978–2005), il polacco Karol Józef Wojtyła, primo Papa non italiano dopo 450 anni!
Sopravvenne Papa Benedetto XVI (2005–2013), il tedesco Joseph Ratzinger, il primo Papa a dimissionare dopo oltre 600 anni. Venne due volte in vacanza in Valle d'Aosta e lo incontrai.
Infine Papa Francesco (2013–2025), l’appena scomparso Jorge Mario Bergoglio.
Nel 2013 divennero Santi due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, che hanno segnato la mia generazione. Si tratta della festosa cerimonia a Roma, in Vaticano, di canonizzazione, che per la Chiesa cattolica è la sentenza definitiva con cui il Papa al momento sul soglio pontificio stabilisce che un beato venga iscritto nel catalogo dei Santi e che la sua memoria si possa celebrare nella Chiesa universale. Il primo, Giovanni XIII, fu l'ultimo Pontefice ottocentesco - era nato nel 1881 nella bergamasca - e quando nacqui era appena diventato Papa e lo rimase sino al 1963. Non ho alcun ricordo diretto, ovviamente, se non l'immagine data da tutta quella religiosità popolare che ne fece sin sa subito il "Papa buono". Credo che la sua frase «Cari figlioli, tornando a casa, troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite: "Questa è la carezza del Papa!"» sia stata una delle più ascoltate, a dimostrazione di cosa fosse già la televisione a partire dagli anni Sessanta. Ricordo la mia nonna materna, Ines, e la sua devozione - con tanto di santini - per questo Papa già in odore di santità, malgrado la beatificazione sia arrivata solo nel 2000. Era stato scelto, nei giochi del Conclave, come un uomo della transizione e invece segnò in modo indelebile la trasformazione della Chiesa, dimostrazione tra l'altro che chi esalta il giovanilismo come precondizione per i cambiamenti fa solo della retorica. Quel Papa non ebbe particolari rapporti con la Valle d'Aosta.
Diverso, invece, è stato il legame del secondo Santo, Giovanni Paolo II, il cui apostolato ha coperto un pezzo lunghissimo della storia contemporanea, dal 1978 al 2005. Un Papa polacco, anche lui importante per la storia della Chiesa, grande comunicatore e viaggiatore senza sosta. Scoprì nel 1986 la Valle d'Aosta durante la prima visita pastorale che un Pontefice avesse mai compiuto in Valle d'Aosta e da allora, fino a poche settimane dalla sua morte, venne in vacanza con una certa regolarità in Valle d'Aosta ed ebbi il privilegio di conoscerlo e di incontrarlo. Giunse che era un vigoroso amante della montagna, cui si devono discorsi bellissimi proprio sulla mistica della montagna, per poi lasciare l'ultima volta l'amata Valle in sedia a rotelle, nella parabola dolorosa di una vita segnata da una spietata malattia progressiva. Non volle, come ho ascoltato di persona dal suo segretario di allora Stanisław Dziwisz, oggi Cardinale della meravigliosa città Natale del Papa, Cracovia, che ci fosse su di lui accanimento terapeutico. Per lui la strada della Santità è stata molto rapida e ha seguito una spinta popolare molto forte. Personalmente potrò dire di avere incontrato un Santo e confesso che in alcune visite a Cracovia sono andato sulle tracce della sua vita, così importante non solo per la Chiesa ma per la Storia.
Di Papa Francesco molto dice il suo testamento con le estreme sue volontà: “Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura. La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giorno della risurrezione nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.
Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all'inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura.
Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della suddetta
Basilica Papale come indicato nell'accluso allegato. Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l'unica iscrizione: Franciscus”.
Sobrietà anche nel momento della sua morte.