Mettetevi nei panni di un valdostano della mia età. Sono cresciuto con belle nevicate che scendevano dalle vette sino al fondovalle.
Sciavamo persino a quote basse e ricordo di aver sciato ai Morti a Novembre! Se mi avessero detto da bambino dei cannoni per l’innevamento artificiale mi sarei messo a ridere, pensando ad una burla.
La neve ha cominciato a farci scherzi all’inizio degli anni Ottanta e poi da tempo negli anni successivi - con il riscaldamento globale - a certe altitudini piove e non nevica. Per fortuna la Valle d’Aosta conta, a differenza di altre zone, su quote elevate e gli stessi esperti confermano che la neve non mancherà, anche se i ghiacciai soffrono e si riducono a vista d’occhio.
Ma questo cambiamento assume per chi ha vissuto altri momenti climatici un aspetto sociale interessante. Esiste, infatti, in queste ore nelle chiacchiere ordinarie - a fronte di una meteo che preannuncia nevicate - una gioia diffusa e una sorta di complicità nell’attesa. Arriva la neve!
Chi se ne lamenta diventa vittima della maggioranza speranzosa. C’è qualcosa di profondo in questo desiderio collettivo, che diventa una specie di collante.
Non molto tempo fa, sono stato in Lapponia con mio figlio più piccolo sulle tracce di Babbo Natale con l’aspetto un po’ grottesco che nel villaggio apposito di Rovaniemi si moltiplicano i Babbi Natale per foto e brevi dialoghi e questo turba anche il bambino più convinto dell’esistenza di questo Grande Vecchio.
Ma la neve, la neve! Pare che anche lì si faccia a volte attendere, ma nella mia breve visita la full immersion è stato un ritorno al passato generoso anche da noi. Una scorpacciata nel pianoro innevato con la motoslitta con quella stranezza della aurora boreale nel cielo. Così come quel bosco con le piante gravide di neve osservato immersi nell’acqua di un laghetto gelato con una tuta arancione in neoprene come protezione dal gelo.
L'amato dizionario etimologico mi aiuta nel dire di come la neve abbia sempre espressioni graziose e l'origine è declinata assieme alla rappresentazione della ricchezza linguistica: "latino di provenienza indoeuropea: latino nĭve(m) (nomin. nix) - panromanzo: ancien français noif (français neige, derivazione di neiger "nevicare"), occitano e catalano neu, spagnolo nieve, portoghese neve, sardo nie, rumeno nea. Il latino nix nĭvis ha numerosi confronti: greco nípha, alto tedesco sneō (tedesco Schnee, inglese snow), lituano sniẽgas, antico slavo sněgŭ (russo sneg), gallese nyf”.
Il dizionario "Chenuil-Vautherin" ricorda il francoprovenzale "nei" nella sua straordinaria espressività, perché un popolo di montagna deve saper dire in modo chiaro di che neve si tratti, nelle sue diverse varianti.
Interessante in una pubblicazione della Confederazione elvetica una classificazione della neve, che provo a sintetizzare.
Neve polverosa: quando i fiocchi di neve cadono in una massa d’aria poco umida e sufficientemente fredda da rimanere allo stato solido e non fondere quando arriva sul terreno, si ha la neve polverosa. La neve polverosa è caratterizzata dal fatto che non si è ancora compattata al suolo. I singoli cristalli di neve sono ben visibili al microscopio: non esistono due cristalli uguali.
Neve trasformata: neve appena caduta al suolo è spesso soffice, ma in breve tempo si trasforma. I cristalli di neve si uniscono laddove hanno punti di contatto formando delle aggregazioni. Nel processo, formano una struttura porosa coesa, simile a una spugna di ghiaccio.
Neve crostata: si riconosce per la sua superficie molto dura a causa di un processo di compattamento e/o congelamento. Questa neve si forma, ad esempio, quando un abbassamento delle temperature causa il congelamento di un manto nevoso umido o bagnato.
Neve cartonata: è una variante particolare della neve crostata ed è molto temuta da chi pratica sci escursionismo o si muove in montagna con le ciaspole: sulla superficie del manto nevoso vi è sì una crosta ghiacciata, ma che al passaggio dello sci o della ciaspola si frantuma più o meno facilmente, facendo sprofondare l’escursionista.
Neve ventata: un tipo di manto nevoso molto conosciuto e spesso temuto da chi pratica gli sport sulla neve. In primo luogo può aumentare in modo considerevole il rischio di valanghe e secondariamente in determinate condizioni risulta difficile sciare su questo tipo di neve. Il vento può creare accumuli di neve ventata, anche importanti, e - assieme all'umidità - trasforma la superficie della neve formando una crosta, a volte molto dura, a volte invece fragile.
Neve primaverile: quando le temperature si alzano, su molte piste da sci e sul terreno si forma la cosiddetta neve primaverile. Questo tipo di neve è molto umida a seguito di un importante processo di fusione: è di consistenza molle, ma nel contempo molto pesante. Si inizia a formare al mattino con l’arrivo dei primi raggi di sole, che iniziano a riscaldare la neve. Nelle prime ore sciare su questa neve può essere ancora divertente, fin quando non è ancora eccessivamente bagnata e quindi troppo pesante.
Neve bagnata: quando delle precipitazioni allo stato liquido (pioggia, pioviggine) cadono su un manto nevoso e penetrano al suo interno oppure quando la neve fonde a causa dell'aumento delle temperature.
Firn o nevato: la neve che ha come minimo un anno di vita e che quindi è sopravvissuta ad almeno una stagione estiva.
Neve vecchia: la neve vecchia giace al suolo da settimane, mesi o addirittura anni. La neve vecchia è una neve fortemente trasformata e ha già subito notevoli cambiamenti nella sua struttura e densità.
Adesso aspettiamo la…neve fresca!