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09 ott 2024

Una vecchia storia

di Luciano Caveri

Ci sono, navigando sul Web per semplice curiosità, scoperte singolari.

Mi è capitato questo, guardando Query on line, la scienza indaga i misteri, che è una pubblicazione del CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, che può vantarsi di aver avuto un rapporto stretto con il grande Piero Angela, che sbugiardava volentieri ogni balla paranormale.

Leggo un articolo e trovo una storia “valdostana”. Questo l’incipit: “Siamo nel 1879. Da dieci anni, presso l’istituto scolastico più prestigioso di Cuneo, il Regio Liceo-Ginnasio Silvio Pellico, che ha sede nell’ex convento delle Clarisse, poi caserma dei “Cacciatori delle Alpi”, vicinissima alla chiesa di Santa Chiara, insegna nelle classi ginnasiali il professor Giuseppe Maria Squinabol. Quest’uomo dal cognome insolito (è di origine aostana) è stato trasferito a Cuneo da Como, e con lui ci sono due figli. Uno di questi sarà il protagonista principale della nostra storia”.

Il racconto prosegue perché apparentemente nella casa del professore avvengono stranezze “magiche”: ”Il 22 marzo, un ignoto corrispondente da Cuneo della Gazzetta Piemontese (il primo nome con cui si chiamò La Stampa) manda al giornale, che la pubblicherà il 25, la storia che in città tutti già dibattono da giorni. La casa del prof. Squinabol è invasa dagli spiriti. I campanelli (di certo ancora a trazione meccanica, non elettrici) suonano da soli e sui balconi e sulle finestre “piovono” lettere misteriose che non sa chi deponga. Squinabol, preoccupato, va in Questura, ma le indagini del commissario Lucchesi, in servizio in città da meno di due mesi, per ora non approdano a nulla. Mistero. Appena nove giorni giorni dopo, però, i contorni della faccenda si chiariranno e assumeranno tratti divertenti e lievemente inquietanti allo stesso tempo. Il 3 aprile, addirittura in prima pagina, un altro corrispondente da Cuneo della Gazzetta Piemontese (si firmava “Nipote d’Arcos”) faceva pubblicare una lunga spiegazione della dinamica dei fatti, che però condurranno nei mesi successivi a qualche piccolo guaio per quella famiglia.

La faccenda delle scampanellate si era complicata. Non si capisce bene come, ma non solo gli “spiriti” continuavano a suonare dopo che il professore aveva fatto mettere una cancellata davanti al portone e staccare il cordone del meccanismo, ma ora mandavano anche lettere dai toni minatori scritte con inchiostro simpatico. Se fra tre mesi non sloggiate da qui, troveremo modo di farvi sloggiare. Gli appostamenti della Polizia non funzionavano. Gli spiriti agivano da dentro l’edificio, non da fuori… Dieci lettere in tutto, alcune in parte bruciate, ma il campanello, almeno, dopo l’arrivo dei poliziotti i fantasmi non lo facevano suonare più. Squinabol, intanto, aveva minacciato di punizioni i figli, se fosse risultata qualche complicità con i babau.

Ed ecco lo sviluppo decisivo. La sera del 29 marzo il figlio minore del professore, il diciottenne Senofonte, che frequenta il “Pellico”, si presenta spaventatissimo con la madre presso l’ispettore Lucchesi raccontando che all’uscita dal Liceo, spinto a recarsi sul ponte sul Gesso da un presunto appuntamento fissatogli da un conoscente, sarebbe stato aggredito da due individui con la faccia sporcata dal carbone che lo avrebbero portato in un boschetto di salici sulla sponda destra del fiume, legato e minacciato di morte se avesse raccontato qualcosa. Erano dunque questi i “fantasmi” che lanciavano i biglietti bruciacchiati?

Lucchesi non credette a una parola di quel che diceva il giovane Senofonte, malgrado questi adducesse un graffio sul petto che secondo lui era il segno lasciatogli da una lama brandita dai due aggressori. Per niente impressionato, Lucchesi condusse il ragazzo sul luogo della presunta aggressione. Tenendolo d’occhio si accorse che il ragazzo faceva scivolare a terra un’altra delle letterine misteriose. Era dunque lui il responsabile delle scampanellate e delle apparizioni delle lettere degli spiriti firmate con segno di croce.

Il ragazzo non volle dire perché lo faceva, ma rimediò una denuncia con doppio capo d’imputazione: minacce e simulazione di sequestro”.

Seguì un processo, che finì con un luogo a procedere, ma la storiella a lieto fine mi è valsa l’idea di scavare nei due protagonista e su Wikipedia trovo papà e figlio: “Senofonte Squinabol, parfois appelé Xénophon, est né à Côme le 30 décembre 18611 dans une famille de notables établis dans la Vallée d'Aoste.

Son père, Joseph-Marie Squinabol, était né à Donnas en 1834 et originaire de Lillianes. Celui-ci fut, pendant trente-cinq ans, professeur dans les gymnases royaux de Turin, il fut nommé chevalier de l'ordre de la couronne d'Italie en 1893. Il fut également rédacteur en chef du journal "La Feuille d'Aoste" et écrivit de nombreux articles sur la question de la langue française en Vallée d'Aoste. Joseph-Marie Squinabol est décédé chez son fils à Turin le 10 septembre 1915.

La mère de Senofonte Squinabol, Silvia Zelmira Pessina, fille de Joseph et de Rose Pinchetti, était née à Côme vers 1837, est décédée à Gênes le 13 septembre 1895.

De plus, Senofonte Squinabol avait pour cousin Benjamin Squinabol, consul de Barcelone, confident et ami du président espagnol Stanislas Figueras, et fut un habituel du roi Humbert Ier d'Italie. Celui-ci fut nommé Commandeur de l'ordre d'Isabelle la Catholique, chevalier de l'ordre de la couronne d'Italie et chevalier de l'ordre de Charles III “.

Vale la pena dalla stessa fonte di tornare sul papà di Senofonte: “Il fut, durant trente-cinq ans, professeur aux gymnases royaux à Turin. Dans cet établissement, il fut notamment professeur de littérature française. Par ces capacités en français, il traduisit de nombreux ouvrages de médecine, pour être présentés au congrès médical de Genève et enseigna dans des écoles primaires mais aussi dans des conférences magistrales.

Il publia, en 1882, avec l'aide de son ami Lin-Louis Christillin (1814-1904), un mémoire de l'enseignement de la langue française où sont reprises les précédentes études sur l'usage de cette langue dans la Vallée d'Aoste. Durant l'année 1884, il est nommé professeur de première classe au gymnase royal de Sanremo. Lors de sa retraite, en 1893, il reçut le titre de chevalier de l'ordre de la couronne d'Italie. Joseph-Marie Squinabol passa sa retraite chez son fils à Turin, jusqu'à son décès le 10 septembre 1915”.

Insomma: valdostani illustratisi nel mondo con quella strana storia cuneese di cronaca nera in salsa rosa evocata all’inizio.