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26 set 2024

Guerre e pace

di Luciano Caveri

Chiunque oggi si azzardi a esprimere un qualche dubbio sul pacifismo fine a sé stesso, finisce per essere bollato con il termine “guerrafondaio”, epiteto - così dice la Treccani - dal carattere ironico coniato dal giornalista Gandolin (pseudonimo di L. A. Vassallo) durante la guerra italo-abissina del 1896. Una guerra - lo ricordo incidentalmente - che causò la sconfitta delle forze armate del Regno d'Italia ad opera di Menelik, che fu Imperatore di Etiopia.

Da ironico il termine è diventato greve e oggi fa il pari con la parola “bellicista” o “militarista”, che già mostra il partito preso di alcuni.

Solo un matto potrebbe apprezzare la guerra. Lo diceva bene la giornalista Oriana Fallaci, che fu anche cronista di guerra: “Dev’esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che trovano gloriosa o eccitante la guerra. Non è nulla di glorioso, nulla di eccitante, è solo una sporca tragedia sulla quale non puoi che piangere”.

Lo scrivo osservando gli scenari di guerra che più oggi sono all’attenzione del mondo con scelte di posizionamento di cui mi assumo la responsabilità.

Forse più facile è l’Ucraina: un’aggressione russa che non può essere in alcun modo giustificata. Chi cerca goffamente di farlo o è in malafede o è prezzolato. Lo stesso vale per chi non vuole più inviare armi agli ucraini o ne intende limitare l’uso in territorio russo. Non si tratta di parlare di “guerra giusta”, ma è giusto e sacrosanto che l’Ucraina si difenda dal dittatore russo - e questo è Vladimir Putin - e lo faccia come argine ad un’idea imperialistica della Russia. Chi difende Mosca in modo evidente, giustificandone le azioni, o in modo più soft con motivazioni varie diventa complice di una politica folle e pericolosa. L’Ucraina può diventare una tappa intermedia per nuove conquiste per spezzare l’Europa.

L’altra guerra, quella in Medio Oriente, è ancora più complessa e discussa. Anche in questo caso ho le mie idee e chiedo rispetto. Non sempre così avviene. Dopo l’azione israeliana di sabotaggio sui cercapersone degli islamisti filoiraniani in Libano ho scritto un tweet su X: “Certa commozione occidentale verso gli Hezbollah dimostra che non si capisce bene chi siano”, che ha avuto 38.695 persone che lo hanno visto. La maggioranza è stata a favore di questa riflessione e in tanti lo hanno fatto, invece, con insulti violentissimi e mi sono beccato epiteti di tutti generi, perlopiù da profili anonimi, che avevano carattere antisemita e antisionistq e spesso con un manifesto appoggio ad Hamas e agli Hezbollah come se fossero degli eroi.

Roba ributtante, che apre un’evidente presenza di un logica antioccidentale nel cuore dell’Occidente livorosa e masochista che accomuna soprattutto estrema destra e estrema sinistra in un abbraccio politicamente grottesco.

Le vicende fra Israele e Palestina sono veleni ormai atavici e bisogna ricordare che questa guerra odierna nasce da un’aggressione feroce di Hamas, che ha in mano la politica nei territori palestinesi, piombati nell’oscurità e nel ladrocinio dell’estremismo islamico, che coinvolge popolazioni in parte adoranti o purtroppo sotto scacco con un disegno di distruzione di Israele. Ma vi è anche l’odio verso chi - come dovremmo essere noi occidentali - non concepisce un mondo teocratico che viola qualunque diritto civile.

Israele e la sua la scelta aggressiva può essere discussa e discutibile, ma è ora di dire che oggi ogni cedimento, senza regole precise, sarebbe musica per chi vuole la morte di Israele e il direttore d’orchestra resta il regime sanguinario iraniano e altri complici della stessa area che predicano società distanti anni luce dalla democrazia. Per cui è giustissimo convincere Netanyahu che ci si deve fermare per evitare escalation e strage di civili (usati dai terroristi troppo spesso come scudi umani), perché la guerra - degli uni e degli altri - rischia di diventare una spirale sanguinosa e infinita, ma sia chiaro che l’orrore della guerra può avere un drammatico fondamento quando si verifica l’impossibilità di punti di incontro e l’uso strumentale delle ideologie di Pace può diventare la copertura adottata dai soliti noti.

George Orwell (1903-1950), il grande scrittore britannico di "1984" e "La fattoria degli animali" 80 anni fa scrisse è molto più essere ammonimento anche per l’oggi: «La propaganda pacifista tende naturalmente a dire che i due campi sono egualmente cattivi; ma se si studiano più attentamente gli scritti dei giovani intellettuali pacifisti, si vedrà che, lungi dall’esprimere una disapprovazione imparziale, essi sono diretti quasi interamente contro l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Inoltre, inevitabilmente, essi non condannano la violenza in se stessa, ma solamente la violenza che è utilizzata per difendere i paesi occidentali. I russi, a differenza degli inglesi, non sono in alcun modo biasimati per il loro apparato bellico».

E ancora: «Se Hitler potesse conquistare l’Inghilterra cercherebbe, ipotizzo, di favorire qui lo sviluppo di un ampio movimento pacifista, in grado di impedire qualsiasi resistenza seria e facilitargli il controllo del paese».