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25 set 2024

Università valdostana: storia e futuro

di Luciano Caveri

Domani, con un taglio del nastro, si apre ufficialmente la nuova sede dell’Università della Valle d’Aosta, già di fatto battezzata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso della recentissima visita ad Aosta.

Devo tornare indietro di quasi trent’anni, per evocare i giorni in cui presentai l'emendamento alla legge che sancì l’inizio del percorso per avere una nostra Università  con un emendamento nella I Commissione Affari Costituzionali, di cui ero membro e che confluì in una delle leggi Bassanini.

Si tratta della numero 127 del 1997, il cui incipit considero come fosse una medaglia: “In deroga alle procedure di programmazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 245, e successive modificazioni e integrazioni, è consentita l'istituzione di una università non statale nel territorio rispettivamente della provincia autonoma di Bolzano e della regione autonoma della Valle d'Aosta, promosse o gestite da enti e da privati”.

Nell’autunno del 2000 l'Université de la Vallée d'Aoste nacque davvero, ottenendo l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. Le prime lezioni del corso di Laurea diScienze della formazione primaria iniziarono nel 2001, mentre l'anno dopo partirono i corsi dell'area economica, cui si aggiunsero mano a mano gli altri percorsi formativi. Ricordo i via vai al Ministero dell'Università e i meriti vanno condivisi per la nascita e le tappe iniziali con il ministro dell'Università in carica all'epoca, Luigi Berlinguer, e con il suo sottosegretario, Luciano Guerzoni, purtroppo entrambi scomparsi nel frattempo.

La parte tecnica nel cumulo di carte necessarie per partire fu di pertinenza di chi divenne poi direttore generale dell'Università, Franco Vietti. Complessivamente l'esperienza risultò formativa ed è stato sinceramente emozionante vedere crescere un albero sin dal primo seme.

Nel 2007 firmai, come Presidente della Regione a completamento di un percorso, l'accordo per la cessione della caserma "Testafochi" con il Ministro della Difesa, Arturo Parisi, amico prodiano e sardo di ferro, che disse: “Questa intesa fornisce nuove possibilità di attrarre e mantenere i giovani sul territorio. La Scuola alpina e l'Università, riallocate, possono dare un contributo alla Regione, con un respiro più ampio, fornendo nuovi stimoli per la crescita della regione stessa e della Repubblica”.

Dissi, da parte mia, quel giorno: “Siamo giunti alla conclusione di questa importante cessione, a cui seguirà un accordo di programma, per la "Testa Fochi", dove verrà mantenuto e potenziato il museo alpino, verrà trasformata in un campus universitario ed Aosta, città degli Alpini che fu con numero oggi impensabili, diventerà città degli studenti».

Ricordo anche il ruolo essenziale dell'allora Comandante locale degli alpini, generale Bruno Petti, che disse: “Si tratta di un progetto ambizioso, fortemente voluto per risolvere le carenze del "Centro addestramento alpino" e per offrire una sistemazione efficace ed efficiente delle infrastrutture del Centro stesso. Questo costituisce, contestualmente, un'opportunità di offrire all'Università della Valle d'Aosta una sede decorosa. Noi abbiamo la necessità di disporre di infrastrutture che possano permetterci di svolgere l'impegno che siamo chiamati a rispettare: innanzitutto un'azione di sviluppo e il ruolo di elemento principale nella gestione delle azioni relative alla montagna".

Qualche tempo dopo il mio successore rifirmò un nuovo accordo con un altro ministro, in una logica da Totò e Peppino, per assumersi la paternità di un accordo già scritto. Roba da chiodi, come diceva il mio povero papà con un'espressione colorita.

Comunque sia, oggi l'Università - l'unica a carattere regionale - vive e crescerà sull'area dell'ex caserma con il primo lotto con le aule per gli studenti e la seconda parte degli uffici è già finanziata nella parte prospiciente piazza della Repubblica. Un campus universitario, a cui spero si aggiungerà uno studentato nell'ex "Cral Cogne", che dovrà attirare studenti dall'Italia e dall'Europa anche attraverso un disegno di riflessione sempre più mirato e sulla base delle esperienze avvenute sul futuro dell'intera Università. So che non è facile, però bisogna crederci e dare sempre di più una vocazione originale al nostro Ateneo, sapendo quali sconvolgimenti ci sono stati nel settore universitario dalla sua nascita ad oggi fra fiorire di nuove proposte al di là delle Università storiche con un mare di insegnamenti e l'esplosione in più delle Università on line, alcune delle quali inquinano la bontà dei titoli.

Certo, per me – nel mio piccolo – questa inaugurazione avviene nel ricordo di una bella storia che ho vissuto e di cui spero restino vivo nel tempo le radici. E soprattutto con una speranza: che l’Università sia sempre più ancorata alle necessità del territorio, ma con una vocazione europea e le due cose possono ben convivere.