Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
23 set 2024

Sarebbe Educazione civica

di Luciano Caveri

Ho un grande rispetto per la Scuola e per chi ci lavora tra mille difficoltà. Uso la maiuscola per affermare questo concetto e premetto che alcune osservazioni saranno a sostegno di chi fa con serietà un lavoro prezioso.

Fatto salvo qualche filone di quando ero deputato (tipo l’esame di Maturità in Valle d’Aosta), per un certo periodo me ne sono occupato poi direttamente come assessore regionale con qualche turbolenza.

La Scuola è una macchina complicata e autoreferenziale, che frustra non solo i politici che se ne occupano, ma anche gli insegnanti che ci credono.

Oltretutto la scuola valdostana è rimasta in mezzo al guado per evitare le ire dei sindacati, il cui ruolo preminente non esiste in nessun altro settore pubblico. Nel senso che, poiché paghiamo tutto e anche di più di quanto il Ministero dia agli altri territori, dovremmo - come Trento e Bolzano - avere una competenza vera e così non è.

Per quanto uno si ingegni, la nostra Sovrintendenza agli Studi che dipende dalla Regione - una conquista importante - soggiace per lo status degli insegnanti e per migliaia di regole alle bizze statali, che cambiano a piè sospinto spesso seguendo gli umori del Ministro di turno. Insomma, paghi e non decidi e questo vale anche per i programmi, tranne qualche raro aspetto integrativo.

In più si è affermata, persino costituzionalizzandolo, la sacralità dell’autonomia scolastica, che è sistema con istituti che diventano come dei castelli retti da un feudatario. Da dove sia nato questo mostro giuridico non lo so, ma crea solo un caos organizzativo e nelle scuole vigono ancora dei decreti delegati di 50 anni fa con la finzione di una democrazia interna, mentre alla fine famiglie e studenti contano come il due di picche.

Sono osservazioni che sono fatte in maniera ben più articolato dagli esperti del settore da molti anni, ma tutto resta in fondo uguale più o meno da quando io stesso ero studente in un mondo che intanto è andato avanti.

Da qualche tempo, facendomi tornare sui banchi di scuola quando esisteva questo insegnamento, è tornata l’educazione civica. Ricordo lezioni impareggiabili del Professor Carlo Fiore al Liceo Classico di Ivrea: quando a far lezione è una persona dalla cultura profonda il ricordo resta indelebile.

Viene in mente una frase dello psicanalista Massimo Recalcati, che applicherei anche a due mie insegnanti del Ginnasio di Aosta, Irene Tieghi (Greco e Latino) e Laura Serdoz (francese): “Sono i maestri che non scordiamo, quelli che hanno lasciato un’impronta indelebile dentro di noi. E’ l’etimo del del verbo insegnare: lasciare un’impronta, un segno, nell’allievo. Non li scordiamo non solo per quello che ci hanno insegnato, per il contenuto dei loro enunciati, ma innanzitutto per come ce lo hanno insegnato, per l’enigma irrisolvibile della loro enunciazione, per la loro forza carismatica e misteriosa”.

Antonio Polito su Sette si occupa della citata materia con il solito acume: “A che serve l'educazione civica? Torno a farmi questa domanda perché deve essersela fatta anche il ministro della scuola, il quale ha riscritto le linee guida per l'insegnamento di questa non-materia. Si vede che negli ultimi cinque anni i valori del civismo devono essere molto cambiati, e già tale frenetica rincorsa tra la scuola e la realtà ci dice qualcosa di preoccupante. Si sa che l'educazione civica non è un insegnamento. L'eufemismo la definisce infatti materia "trasversale", perché "i nuclei concettuali sono già impliciti nelle discipline curriculari" (vuol dire che i nostri studenti fanno due volte le stesse cose?)”.

Nella mia esperienza leggevo talvolta con grande godimento vette circolari ministeriali oscure e scritte con un linguaggio quasi esoterico e ogni tanto capitava di fare delle sedute (spiritiche) per comprenderne il significato.

Ancora Politico: ”Di certo è un ulteriore onere per gli insegnanti, già pochi e oberati di compiti, che devono farsi carico anche di queste 33 ore annuali e dell'ambizione di trasformare i loro diavoletti in angelicati cittadini. La mia stima per il ministro Valditara mi fa perciò ritenere che, potendo, avrebbe abolito questo tabù del "politicamente corretto", ridimensionando un'operazione così fumosa e così irrealisticamente presuntuosa da diventare inevitabilmente burocratica. Non potendo, ha cambiato le linee-guida. I nuovi principi ispiratori sono ora tre. Il primo è la Costituzione, il secondo è lo sviluppo sostenibile, il terzo è la cittadinanza digitale”.

Caspita! Argomenti importanti e pensare che a noi venivano invece spiegati i rudimenti della democrazia e delle sue istituzioni e non era male, vendendo quanta ignoranza ci sia oggi su aspetti cardine della cittadinanza.

Insiste il giornalista: “Ora passi per la Costituzione, che effettivamente è la carta di identità del cittadino. Anche se, come si sa, neanch'essa è ormai più un testo sacro, e mi chiedo perciò se in classe i nostri poveri professori dovranno anche informare gli studenti delle numerose proposte di cambiamento della Costituzione, molte delle quali promosse dallo stesso governo di cui fa parte il mini-stro. Intendiamoci: mi piacerebbe molto una discussione sul premierato in III C; ma più che di educazione civica si tratterebbe di organizzare un talk show. Passi anche per lo "sviluppo sostenibile", mantra dei nostri tempi. Anche se pure qui le opinioni divergono tra gli esperti e tra i cittadini, e si può anzi dire che il più grande conflitto politico in corso oggi è proprio su quanta sostenibilità ambientale sia sostenibile socialmente per il nostro stile di vita. Confesso che neanche io ho le idee chiare in materia: meno male che non faccio il professore...

Ma il vero capolavoro delle nuove linee-guida è la "cittadinanza digitale", perché i nostri eroici insegnanti dovranno educare al digitale senza mai mostrare agli alunni l'oggetto di cui si parla. Resta infatti il “divieto di utilizzo, anche a fini didattici, dello smartphone dalla scuola dell'infanzia fino alla scuola secondaria di primo grado". Ma, contemporaneamente, "viene promossa l'educazione all'impiego etico del digitale, per valutare ciò che di sé si 'consegna' nel web"ed "è promossa l'educazione all'impiego responsabile dei dispositivi elettronici, nella consapevolezza che l'utilizzo corretto delle tecnologie è quello che potenzia l'esercizio delle competenze individuali, non quello che lo sostituisce"

Si trattera insomma di un insegnamento metafisico, in cui si parlerà del noumeno ma non del fenomeno. E qui, per una volta, sappiamo a quale insegnante affidarlo: quello di filosofia”.

Amen.