Inizio in modo pedante! L’equinozio d'autunno cade oggi, 22 settembre, alle 14.43. Questo evento astronomico, che nell'emisfero boreale segna l'inizio dell'autunno e in quello australe della primavera, si verifica quando il Sole si trova allo zenit dell'equatore, per cui i raggi solari raggiungono perpendicolarmente l'asse di rotazione della Terra.
L'etimologia della parola “autunno” ci aiuta a ricostruire la psicologia che portava alla definizione di questo periodo: "autumnus" viene da un verbo latino, "augere", che significa "accrescere", di cui la definizione del periodo non sarebbe altro che un antico participio, che mette in risalto come - ormai finita l'epoca del raccolto - l'autunno era il periodo di maggior abbondanza in vista poi dei rigori e delle ristrettezze alimentari di un inverno in cui si consumava quanto prodotto in una logica antica di autoconsumo.
Oggi l'autunno è qualcosa di diverso, in cui addirittura viviamo una natura decadente e trasfigurata da una visione poetica di cui esiste ampia casistica che accentua semmai i caratteri intimistici di un ambiente naturale che si impoverisce in attesa dei rigori invernali e della severità di una natura in sonno.
Ed è valido, per queste ore di passaggio in quest’anno con una natura ancora rigogliosa per via del caldo e delle piogge, quanto osserva Fernando Pessoa ne "Il Libro dell'inquietudine": "Non è ancora autunno, nell'aria non c'è ancora il giallo delle foglie cadute o la tristezza umida del tempo che più tardi si farà inverno. Ma c'è una traccia di tristezza anticipata, un dolore indossato per il viaggio, nel sentimento in cui siamo vagamente attenti ai diffusi colori delle cose, al tono diverso del vento, alla quiete più grande che, quando scende la notte, si diffonde nella presenza inevitabile dell'universo".
Viene subito in mente, come colonna sonora, la canzone impagabile interpretata da Yves Montand su parole di Jacques Prévert (e sulla musica di Joseph Cosma). Ve ne ricordo poche strofe: "Les feuilles mortes se ramassent à la pelle, Les souvenirs et les regrets aussi, Et le vent du nord les emporte, Dans la nuit froide de l'oubli".
Penso poi a Samivel (Paul Gayet-Tancrède), savoiardo d'adozione che conosceva bene anche la Valle d'Aosta: “Quand automne en saison revient, Quand automne en saison revient, La forêt met sa robe rousse, Et les glands tombent sur la mousse,Où dansent en rond les lapins, Les souris font de grands festins, Pendant que les champignons poussent, Ah! que la vie est douce, douce, Quand automne en saison revient”.
Per me l'autunno è un esercizio visivo. Mai come in queste settimane la Valle acquisisce colori unici e amo egualmente le giornate dal cielo azzurro o quelle grigie. Credo che ognuno abbia un panorama favorito: io amo in questa stagione i boschi di castagni. Ma tutto il feuillage è una delizia.
A chi ama la montagna dico sempre che i colori che si accendono nelle settimane a venire le nostre Alpi, complice l'altimetria che segmenta i declivi sino alle vette, sono un quadro unico e straordinario che è davvero consolatorio. Ci sono quei versi finali, scanditi e netti, della celebre poesia sull'autunno di Guillaume Apollinaire: “Et que j'aime ô saison que j'aime tes rumeurs Les fruits tombant sans qu'on les cueille Le vent et la forêt qui pleurent Toutes leurs larmes en automne feuille à feuille Les feuilles Qu'on foule Un train Qui roule La vie S'écoule».
L’arrivo della oscurità mattutina colpisce, così come il buio che casca quando prima esisteva ancora la luminosità. Il paradosso, tuttavia, sono questi cieli d'autunno, che hanno colori che colpiscono. L'altro giorno nuvole tinte di rosa si stagliavano sul cielo di tenue azzurro del cielo sopra Aosta, mentre la Bassa Valle aveva un cielo striato di giallo e la sera, al tramonto, c'è un analogo tripudio di colori.
Per altro - mentre le giornate si accorciano - frutta e verdure di stagione si accendono con le coloriture delle mele, il bagliore dei cachi e del melograno, così come le uve, ma non scherzano le zucche e certi cavoli colorati, mentre il mimetismo di funghi, castagne e noci mostrano come le livree siano un segno anch'esso della stagione.
Una Natura che, da sola, è poesia.