Confesso che non so quale tipo di paranoia abbia colto ormai da tempo una piccola parte di cittadini valdostani, che spargono il loro verbo in modo compulsivo, quando scelgono un bersaglio da colpire.
Certo tutti vanno rispettati e in particolare le minoranze, ma ciò naturalmente non mi impedisce di esprimere un certo stupore per metodi che non condivido e di criticare un atteggiamento politico che considero sbagliato. Paranoia - per essere chiari - non è una parolaccia ma una patologia che si può allargare per analogia a certi comportamenti collettivi. Così da vocabolario: “Per paranoia si intende una psicosi caratterizzata da un delirio cronico, basato su un sistema di convinzioni, principalmente a tema persecutorio, non corrispondenti alla realtà”. Va bene: ammetto che si tratta di un’iperbole e non voglio essere offensivo, ma è tanto per dare un’idea della gravità delle fissazioni.
Possibile che ci sia chi in Valle d’Aosta, chiudendosi ad ogni confronto, ritiene qualunque intervento umano sulla Natura sia da definire uno scempio, una distruzione?
Che ci sia da costruire una strada, un impianto di risalita o qualunque altra cosa parte subito il solito comitato con medesime petizioni e ora anche con vere e proprie processioni in loco con un impeto che non è difforme da quello religioso.
La falange macedone dei protestatari rappresenta in Valle d’Aosta una minoranza chiassosa che, se insoddisfatta di qualcosa pur oggetto di tutti i percorsi istituzionali, usa le denunce presentate alle diverse giurisdizioni anche quando si sa di avere scarse probabilità di successo. La logica che sottende questa scelta è mettere sabbia negli ingranaggi, perdere tempo e qualcuno si ricorderà i contenziosi sull’autostrada del Monte Bianco, di cui nessuno, sbagliando, presentò il conto ai fautori. Ci sono stati casi in cui si prefigura l’abuso di diritto (cui i Trattati europei dedicano apposito articolo) e cioè un uso strumentale di procedure legittime, finendo per svilirne uso e significato.
A tutto ciò si aggiunge un altro eccesso, quello che concerne il meccanismo che riguarda l’attività ispettiva nelle assemblee parlamentari degli ”amici” eletti. Una logica ripetitiva e logorante ben presente anche in Consiglio Valle, tornando ogni volta sugli stessi temi e diventando certi argomenti una vera e propria fissazione
Certo l’occasione ha anche lo scopo di tenere all’erta i propri sostenitori in una logica dei buoni contro i cattivi, dei puri contro gli sporchi, con afflati fra estremismo politico e abbaglio fideistico.
Questo scontro con i nemici finisce per essere un’ossessione, invocando, però, la solita democrazia partecipativa come copertura.
Immaginiamo se questi medesimi atteggiamenti ci fossero stati in passato: non ci sarebbe un castello, tante strade non sarebbero state fatte, così gli elettrodotti e le dighe e non avremmo avuto nessun domaine skiable.
Questa logica di una Natura - in una logica astratta di purezza - che risulti come intoccabile cozza oltretutto contro i rischi già esistenti di un abbandono di larga parte del territorio valdostano per lo spopolamento, cui si somma anche la crisi demografica. E si scontra - questa la sostanza - con la logica di una montagna alpina che non può diventare, non essendolo mai stato così, un territorio inselvatichito in toto con l’essere umano considerato come una specie di estraneo.
Una visione ideologica, pure masochista, che prefigura un’immagine distopica - per chi lo vorrebbe - della Valle d’Aosta del futuro.
Emil Cioran ha scritto e vien da sorridere amaro: ”Proverbio cinese: ”Quando un solo cane si mette ad abbaiare a un'ombra, diecimila cani ne fanno una realtà”. Da mettere in epigrafe a ogni commento sulle ideologie”.