Ci sono approfondimenti linguistici dell’Accademia della Crusca che mi fanno andare in un brodo di giuggiole, che poi sarebbe - altra espressione…espressiva - andare i solluchero. La Professoressa Caterina Canneti con una dissertazione su carne e pesce si infila in una storia interessante.
Inverto, però, i contenuti del suo lungo studio, partendo da un detto popolare, che lei stessa ricorda quanto parla della “contrapposizione nell’ambito dell’espressione colloquiale né carne né pesce, che fa da ritornello e da titolo anche a un brano di Elio e le Storie tese, il cui ritornello recita “né carne né pesce / la mia angoscia non decresce”, a indicare un senso di angoscia che non diminuisce (non decresce, che fa rima con pesce) forse proprio per il fatto che la situazione in cui si trova chi parla non è ben definita, quindi non è né carne né pesce.
L’autrice ricorda cosa dice l’Accademia della Crusca, parla di “una locuzione aggettivale comune, usata appunto in senso di aggettivo, per indicare qualcuno o qualcosa “che non ha caratteristiche ben definite, o che si trova in una fase di transizione, di cambiamento”. Si fornisce, poi, il seguente esempio “Un adolescente non è né carne né pesce”, a segnalare proprio una particolare condizione psicofisica di passaggio, non ancora ben delineata, durante la quale non si è più nell’infanzia, ma nemmeno nell’età adulta”.
Con malizia politica potrei aggiungere questa altra citazione dal « dizionario di Petrocchi (1902) si specifica che non esser né carne né pesce è un’espressione proverbiale riferita a “chi non è né d’un partito né d’un altro”“.
La Crusca sempre alla voce carne, cita due locuzioni: “non essere né carne né pesce, cioè “non avere un carattere, una personalità, una fisionomia precisamente definite”, oppure, in senso figurato, “non saper scegliere definitivamente tra due partiti”; inoltre non sapere se uno è carne o pesce vale a dire “non comprendere, per la gran confusione d’idee, ciò che qualcuno sta facendo, non distinguere esattamente chi egli sia o che cosa sia diventato”.
Sappiate, per curiosità contenuta nel testo, che la prima risultanza letteraria è ”del 1676, tratto dal Malmantile racquistato di Lorenzo Lippi, poema eroicomico in ottava rima, citato anche nella quarta impressione del Vocabolario della Crusca (e considerato nel già citato studio di Scavuzzo): « Del quale [fratello] infino all’anima gl’incresce; / perché gli pare uscito di cervello, / non si sa s’ei si sia più carne o pesce”.
Aggiunge ancora la Canneti: ”Né carne né pesce è una locuzione usata anche nel linguaggio giornalistico, come dimostrano gli esempi tratti da alcuni dei principali quotidiani a stampa. Si veda, infatti, quanto emerge da ricerche effettuate nell’archivio della “Repubblica”: « Il Pci ha perso perché non è stato né carne né pesce, né forza di governo né opposizione. (Antonio Cianciullo, Capanna sfodera il sorriso. ‘Non sono più’ nel deserto, “la Repubblica”, 16/6/1987)”.
Ma c’è tutta una parte iniziale del contributo che mi stimola altrettanto in un filone che ho seguito con interesse e sono le regole comunitarie che cercano di distinguere bene i prodotti alimentari per evitare che ci sia ambiguità in epoca di prodotti per vegani e vegetariani. Per cui l’Unione europea non consente più di chiamare formaggi prodotti di derivazione vegetale e lo stesso vale, anche se in termini meno espliciti ma altrettanto chiari per chi chiamava carne prodotti senza presenza di prodotti animali e questo sulla base del regolamento (UE) n. 1169/2011, il quale stabilisce le norme generali in materia di etichettatura. Il regolamento contiene una serie di disposizioni che autorizzano gli Stati membri ad agire quando ritengono che determinati termini siano fuorvianti o disinformati per i consumatori. Un allegato del regolamento fornisce, ai fini dell’etichettatura, la seguente definizione di carne: “muscoli scheletrici di specie di mammiferi e uccelli riconosciuti idonei al consumo umano con tessuto naturalmente incluso o aderente (…)”.
Ma la Professoressa Canneti si occupa, proprio su questo, di una certa contraddizione che deriva dal fatto che nei secoli si è usata l’espressione "carne di pesce”, ormai non più adoperabile in termini normativi. Lo fa dosi scrivendo nelle conclusioni: ”Si sono considerati diversi àmbiti, dalla lessicografia alla saggistica medico-scientifica antica e moderna, dai ricettari ai testi letterari, dai testi commerciali a quelli giornalistici. Ciò che emerge serve a riflettere sulla distinzione tra carne e pesce: quando si parla di carne, generalmente ci si riferisce ad animali quali bovini, ovini, suini, equini o pollame, ma non al pesce, tranne che per specifici intenti descrittivi o analitici; ad esempio, si è rilevato che nei testi medici e nei testi culinari si parla della carne di (o del) pesce (o di specifici pesci) per mettere in evidenza particolari caratteristiche o proprietà nutrizionali di quest’ultima o per proporre alcune elaborate preparazioni gastronomiche. Lo stesso accade in testi di altra tipologia (letterari, commerciali, giornalistici): quando si parla di carne di (o del) pesce lo si fa per mettere in evidenza specifici aspetti di quest’ultima o per riferirsi a situazioni per le quali è necessario fare questa distinzione”.
Ma in termini di legge ormai si torna di fatto al ”né carne né pesce” e lo si può fare con un sorriso!