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14 mag 2024

Il micio supereroe

di Luciano Caveri

Nella villetta dei miei genitori, a disposizione di mio papà veterinario, c’erano e ci sono ancora tali e quali le stanze di casa a sua disposizione.

La prima era lo studio con una bella scrivania d’antiquariato, eredità dei beni di famiglia, che serviva per gli incontri e per i lavori burocratici, oltre ad essere stipata di libri. La seconda era invece l’ambulatorio, dove papà visitava i piccoli animali, attività piuttosto secondaria per un veterinario di montagna se comparata a mucche e affini. Questa seconda stanza ha un tavolo di marmo sul quale venivano posti i pazienti.

Ci pensavo in queste ore in cui fuori di casa ho un eroico gatto maschio (evidentemente non castrato) in calore ormai da giorni, che si aggira istintivamente alla presenza di chissà quale gatta anche lei in calore, avvertendo la loro predisposizione all’accoppiamento. Lui - non potendo suonare il campanello - si manifesta nei paraggi anche la notte con il suo miagolio stridente, aggirandosi - sempre più emaciato - con la sua postura con la schiena sollevata che immagino debba essere particolarmente sexy per la compagna o forse minacciosa per eventuali competitori. Come dice un verso della canzone popolare ”La blanchisseuse”: ”L'amour, ce n'est qu'une folie”… Anche se nel caso in esame conta più l’aspetto riproduttivo che quello sentimentale.

Nel già citato ambulatorio arrivava ogni tanto qualche gatto, che dimostrava - almeno così pareva dalla ricostruzione paterna, che per il suo ”esprit” facilmente mischiava serio e faceto - quella caratteristica felina di avere incredibili capacità di resistenza quasi magiche, che nel Medioevo crearono problemi ai gatti neri associati al demonio e così, per ordine del clero, venivano bruciati vivi.

Ma torniamo ai superpoteri. Non mi riferisco alla castrazione, pratica che mio papà svoleva con incredibile rapidità, evitando al gatto le pene d’amore una volta per tutte. Ma alla fase, in questo caso, della necessaria sedazione, che a detta di mio padre obbligava all’uso di una grande quantità di prodotto per addormentare l’animale senza un corrispettivo di sonnifero in confronto al peso di animali ben più grandi. C’erano poi - io facevo da imbranato assistente - quei gatti che arrivavano perché incidentati o finiti sotto una macchina o caduto da terrazzi mentre si esibivano, come sanno fare, da veri e propri equilibristi.

Ebbene, arrivano spesso così acciaccati da apparire spacciati e mio padre, con filosofia spicciola, annunciava che il gatto si sarebbe ripreso, scherzando sulle sue famose sette vite. Quanto in genere avveniva davvero.

Sono un gattofilo senza gatti a causa di una perniciosa allergia al pelo di mia moglie, ma ne ho avuti tanti nella mia vita sinché ho potuto e li ammiro per la loro autonomia e il caratteraccio. Un micio ti assiste se non stai bene, è affettuoso solo quando vuole e tira fuori le unghie e ti mordicchia quando deve riaffermare la sua indipendenza. È lui che decide e tu devi essere fiero di essere il suo amico mai davvero proprietario. Si potrebbe dire: ”Le Chat c’est moi!”, dimostrazione di quel suo comportamento regale con il ”Ron Ron” delle sue fusa dispensato a suo piacimento. Ma anche con quella loro cocciutaggine nel convincerli a fare qualcosa quando non vogliono, nemmeno per il loro bene, ad esempio per ingollare una medicina. Per non dire della capacità di straniamento quando dormono della grossa, spesso con posture assurde in cui dimostrano la loro serafica serenità.

L’etologo Giorgio Celli ha scritto: ”Il gatto è stato per me un animale socratico. Mi ha insegnato a scoprire chi ero ed anche qual era il mio posto nel mondo”.

Che fossero creature misteriose ce l’hanno insegnato gli antichi egizi. Il gatto era sacro al Sole e a Osiride, mentre la gatta alla Luna e a Iside. Gli Egizi veneravano Bastet, una divinità con corpo di donna e testa di gatta.

E Jules Verne osserva questa loro particolarità: ”Credo che i gatti siano spiriti venuti sulla terra. Un gatto, ne sono convinto, può camminare su di una nuvola”.