Non so chi ci abbia pensato ad inserirlo nelle funzionalità che ormai si moltiplicano. Fatto sta che il mio telefonino mi segnala ormai da tempo l’eccesso di rumore ambientale che potrebbe, in caso di una situazione prolungata, danneggiare il mio udito. Le circostanze in cui scatta questo vero e proprio allarme sono superiori a quanto pensassi.
Viviamo in mezzo ai rumori e me ne accorgo per converso in situazioni nelle quali - mi è capitato poche ore fa - mi trovo avvolto da un silenzio che pare ormai irreale ed è una situazione cui siamo ormai disabituati. Ha scritto su questo Emil Cioran: ”L’unica cosa profonda, straordinaria che l’uomo abbia scoperto è il silenzio, ed è anche l’unica cosa a cui non riesce ad attenersi”.
Ricordo i tempi del Ginnasio, quando le lezioni di religione erano tenute dal prete-alpinista Luigi Maquignaz, figura singolare di sacerdote di grande cultura e politicamente interessante anche per il suo percorso nella vita. Fu non a caso - perché la politica lo appassionava - consigliere e confessore di un esponente politico valdostano e per questo lo incontrai, ormai alcuni anni fa, faccia e faccia per l’ultima volta al Priorato di Saint-Pierre, dove i preti valdostani vivono, quando vanno in pensione.
Gli ricordai, sorridendo, quella mia classe turbolenta cui faceva lezione, che aveva ingaggiato con lui - da adolescenti stupidini ma curiosi quali eravamo in un mix di personalità varie, un braccio di ferro su quanto lui ci diceva. Lo facevamo sul filo, per lui difficile da cogliere, del serio e faceto. Evocai a proposito in quella stanza antica del priorato un episodio che mi aveva colpito. Ci disse un giorno e non lo prendemmo sul serio iniziando una piccola polemica che immagino in fondo lo divertisse: “Voi che passate il tempo ad ascoltare la musica, avete paura del silenzio”.
Ora trovo che in fondo questo suo ammonimento, che contestammo con vivacità, abbia un fondo di verità, più oggi che allora, visto che siamo immersi in una frenesia digitale. Il silenzio innesca pensieri e riflessioni e spezza lo stress uditivo e visivo di questo mondo in perenne connessione, che sembra non consentire quello che i francesi chiamano con un italianismo che mi è sempre parso beffardo.
Sul sito laculturegenerale si dice: “Le farniente a une connotation positive, contrairement à la fainéantise. On trouve son emploi dès le XVIIe siècle, dans une lettre de Madame de Sévigné (1626 – 1696), citée par le Littré. Eccola: “Ne soyez point en peine de mon séjour ici ; je m’y trouve parfaitement bien ; j’y vis à ma mode ; je me promène beaucoup ; je lis, je n’ai rien à faire, et, pour n’être point paresseuse de profession, personne n’est plus touchée que moi du far-niente des Italiens” (Lettre à Mme de Grignan, 16 septembre 1676)”.
Una mente sgombra nel silenzio fa funzionare di più i nostri neuroni stressati. Credo che questo fosse il messaggio di Don Maquignaz.
Ha scritto, ormai parecchi anni fa e nel frattempo le cose sono peggiorate, l’artista Jean Arp: “Presto il silenzio diventerà una leggenda. L’uomo ha voltato le spalle al silenzio. Giorno dopo giorno inventa nuove macchine e marchingegni che accrescono il rumore e distraggono l’umanità dall’essenza della Vita, dalla contemplazione e dalla meditazione. Suonare il clacson, urlare, strillare, rimbombare, frantumare, fischiettare, rettificare e trillare rafforza il nostro ego”.
Profetizzo che diventeranno più praticate vacanze in luoghi del silenzio, certificati come tali, comprensivi del contrario di quello che oggi cerchiamo - posti con connessione telefonica e wifi per navigare sul Web - sostituiti appunto da oasi di silenzio e di pace, anzitutto con noi stessi.