Rulli di tamburi e squilli di trombe. Questi sono i suoni caratteristici del Carnevale di Verrès. Per chi, come me, sia cresciuto in questo paese si tratta di un familiare e rassicurante sottofondo, che questa sera vedrà la discesa in piazza dei due personaggi principali del Carnevale, Catherine di Challant e Pierre d’Introd LXXV, impersonati da Mara Ghidinelli e Jean-Pierre Calliera con il loro vasto seguito di nobili.
Non mi metto a raccontare del Carnevale. Il mio Blog rinnovato ha confermato un motore di ricerca, che può facilmente testimoniare le molte volte in cui ho scritto in vari modi di questa tradizione, nata nel secondo dopoguerra, sulla base di eventi storici reali al confine fra Medioevo e Rinascimento, certo in parte rimaneggiati ad uso carnevalesco. Ma, mentre le generazioni passano, la fortezza che domina Verrès, un cubo di roccia, resta ed è la sede principale dei giorni di festa, che coinvolgono l’intero paese e sempre più aficionados di altri Comuni che si immedesimano in nobili del tempo che fu.
Allora vale la pena di entrare più nell’intimo, visto che la Contessa ce l’ho in casa, perché Mara è mia moglie, cresciuta a pane e Carnevale. Infatti, al di là del fatto che io stesso sono stato Conte nel 1997 (ma io avevo 39 anni e lei 19 e non ci conoscevamo) e sua madre e mia mamma Contesse (1958 Brunilde e 1976 Lalla), lei sin da piccolissima ha scalato le diverse tappe del Carnevale in diversi ruoli e ora siederà sul trono nella sala delle feste del castello.
Essendo io maschio e come tale arruffone anche nei preparativi che mi portarono a vestire i panni di Pierre Sarriod d’Introd, non ho avuto certo l’accuratezza messa in campo da mia moglie. Certo avevo studiato il personaggio, balivo di Aosta e dunque personalità eminente nella gerarchia locale e frutto di antica famiglia valdostana, che sposò sua cugina Catherine e con lei cercò, contro Casa Savoia e in violazione della legge salica che impediva che i feudi venissero ereditate da donne, di mantenere i possedimenti passati alla fine della disputa a Francois de Verrès. Morte romantica quella del Conte, avvenuta nel 1456: morì in un’imboscata, mentre stava accorrendo a soccorrere la moglie che era assediata in un castello in un paese vicino.
Ma dicevo dell’accuratezza. Io – scelto dalla mia Contessa, coetanea e amica Flora Marangio - mi ero fatto aiutare da un amico storico, Joseph Rivolin, per avere un vestito all’altezza fatto cucire in una sartoria teatrale. Niente di comparabile, però, all’impegno certosino di mia moglie nel cercare di curare tutte le mille sfaccettature di un ruolo che è fatto di costumi, socialità, omaggi, cene, trucco & parrucco. Il Conte, l’amico Jean-Pierre, si è “messo a disposizione” e ha dimostrato grande capacità nell’assecondare le idee di una veterana del carnevale attenta a dettagli incomprensibili per chi non ha mai vissuto la kermesse da figurante. Posso dire con certezza che saranno una coppia elegante e frizzante, come lo champagne che entrambi non disdegnano affatto.
Io, nel mio piccolo, sarò a lato, tipo cavalier servente in giorni che, avendolo vissuto lo so bene, si entra in un turbinio impegnativo con notti in bianco e festeggiamenti senza soste, per i quali bisogna essere non solo preparati, ma direi persino allenati. E i verrezziesi hanno ormai nel DNA tutto questo e sono pronti e resistenti, sino a che da sola cala la palpebra e, finito il tour de force, sono stanchi morti e potranno però dire, come i reduci da certe battaglie vincenti, “io c’ero”