Vivono in città stravolte dalla cementificazione e dall’inquinamento, dove la vita è diventata impossibile, e poi - malgrado la loro grama condizione cittadina su cui non sempre si mobilitano - con uno scatto di orgoglio firmano petizioni contro una pista di sci sul ghiacciaio, che in gran parte non sanno neppure dove sia. Lo fanno per qualunque cosa li infastidisca, immaginando una montagna disneyana, in cui questi montanari che ci vivono sono una “rottura” che turba la Natura. Lassù dovrebbe essere un luogo selvaggio, senza questi Homo Sapiens alpini che “rompono”. Molti in questo loro estremismo sono influenzati dagli esperti certificati della montagna, di cui - quando leggi le storie personali - ti chiedi come diavolo abbiano fatto a riciclarsi dalle loro vecchie radici protestatarie sessantottine e post sessantottine. Queste eredità contestatarie li hanno trasformati a pieno in guru delle vette e dintorni. Loro hanno sempre ragione e ha torto chi la montagna la vive davvero. E certo la grave colpa ce l’abbiamo nell’aver lasciato spazi a chi piano piano si è impadronito di argomenti su cui, sproloquiando, sono ormai diventati degli intoccabili in forma di oracoli. La logica: imporre regole e indicare programmi da confusi battitori liberi, il cui leitmotiv resta quello di essere contro e dire di No. L’avversario è il buon selvaggio, in primis incarnato nei politici locali, dipinti come speculatori in pectore, interpreti di nuove forme di cretinismo, perché abbacinati dai soldi e dal desiderio di stravolgere i propri luoghi natii. Persone regolarmente scelte in democratiche elezioni che sarebbero così stupide da segare il ramo su cui sono sedute. Torniamo alle petizioni, perché così scrivendo mi sono fatto già qualche nemico in questa combriccola di professori che spiegano alle popolazioni cosa debbano fare nel seguire quanto loro vogliono. Quando si scatena la polemica delle truppe si va avanti come primo attacco con le petizioni militanti. Ma si sa che questa della petizione e della firma sono come un’arma spuntata, la cui logica va svelata. Per altro è possibile che tanti dei firmatari facciano parte della vasta platea di chi non vota più alle elezioni, ma per contro sono iscritti a Change.org (sigh!). Una piattaforma che comunque declina responsabilità sulla raccolta firme con formule del tipo “Le petizioni e le campagne su Change.org rappresentano le differenti opinioni di milioni di persone. Non ci assumiamo la responsabilità per le loro opinioni, né monitoriamo i contenuti sotto il profilo della rispettiva legalità o esattezza”. Sito aperto, dunque democratico, ma le clausole di sgravio da qualunque implicazione dimostrano che non si escludono rischi di tracimazione… Una firma non si nega a nessuno, si potrebbe dire e verrebbe voglia di rispondere pan per focaccia a certi moderni Soloni con un profluvio di petizioni sulle loro questioni. Ma proprio le le petizioni, ormai allargatesi a dismisura su qualunque argomento dello scibile umano, crollano sotto il peso di un loro utilizzo in eccesso sino a sfiorare di tanto in tanto il comune senso del ridicolo. È bene in più ricordare nell’occasione la magia moltiplicatrice delle scatole cinesi, frutto di certi militanti a tempo pieno che nascondono dietro vesti candide l’animo da guastatori da guerriglia mediatica e pure populista. È una piccola falange macedone, assolutamente minoritaria alle elezioni, che però ha capacità miracolistica di moltiplicare pani e pesci con una guerriglia mediatica che ne amplifica le forze. Per cui, quando orchestrano campagne, usano un effetto domino: un gruppo comincia e si chiama A, si aggiunge B con diversa denominazione e più o meno gli stessi componenti, che lasciano a loro volta il testimone al Comitato di sodali denominati C e poi arriveranno D, E, F, ma sono sempre le stesse facce con cappelli diversi. Intanto in Consiglio regionale spuntano la force de frappe rossoverde (due) con interrogazioni, interpellanze e mozioni e gli amici giuristi preparano pareri pro veritate (la loro…) e non manca mai chi sceglie le denunce di vario genere nelle differenti giurisdizioni, perché la via giudiziaria ha un effetto di lunga durata per via dei tempi della Giustizia e questo tiene in caldo le polemiche. Un meccanismo ben oliato che trasforma nani politici in giganti, agevolati da raffiche di comunicati stampa con giornalisti che - specie se amici - non tengono conto di criteri proporzionalistici e pubblicano, senza forma alcuna di contraddittorio, quanto scritto con ripetitività assillante. Così grida isolate sembrano cori poderosi grazie all’accurata propaganda da agit-prop. Penso che a questa macchina infernale non ci si debba assuefare e anzi si debbano contrastare queste azioni abilmente concertate in una logica di perenne e diuturno attacco. “Non ti curar di loro…”: lo abbiamo detto spesso e invece credo sia ora di disvelare in modo sistematico ai cittadini le attività e le informazioni distorte che rischiano di stravolgere la realtà, lordando l’immagine di comunità intere.