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22 ott 2023

Alpini e reines

di Luciano Caveri

Non so per quale combinazione oggi ad Aosta si incrocino due fenomeni - alpini e reines - che caratterizzano la valdostanità, che sarà pure un neologismo, ma riassume in sé molti aspetti singolari del popolo valdostano. Il primo è il raduno del 1° Raggruppamento (Sezioni del Piemonte, della Liguria, Aosta e Francia), che si accompagna al centenario di fondazione della Sezione di Aosta. Le “penne nere” in questo finesettimana occupano pacificamente la città e la sfilata sarà il momento clou della manifestazione. Il grande scrittore veneto Andrea Zanzotto aveva scritto degli alpini: n "Stelle alpine e profumo di montagna": «Senso dell’onore e coraggio, saldezza morale e capacità di resistere, tradizioni generose e sano amor di patria. Mi sembra si fondi soprattutto su questi valori il mito degli alpini, ed è sempre stato così forte da far loro vincere le infinite guerre della memoria sulle quali ancora si dividono gli italiani, a centocinquant'anni dall'unità. Un patrimonio di umanità che ha ispirato straordinarie pagine di letteratura (dall'Hemingway di "Addio alle armi" ai reportage dal fronte di Kipling, dal "Diario di Russia" di Rigoni Stern ai racconti di Bedeschi) e che li vede ancora adesso pronti ad accorrere nelle ricorrenti catastrofi naturali e nelle emergenze umanitarie (dal terremoto del Friuli a quelli dell'Irpinia e dell'Abruzzo), all’insegna del motto "onorare i morti aiutando i vivi". Sono tratti del modo d'essere degli alpini, ai quali si somma l'amore per la natura e specialmente per la montagna, che deriva loro dalla conoscenza nativa del territorio e dal legame che mantengono con esso». Fa impressione, nel rievocare come i valdostani siano legati agli alpini e alla naia, pensare alle conseguenze ineluttabili che stanno derivando dall’abolizione della leva obbligatoria stabilita dal 1° gennaio del 2005 sul futuro dell’identità degli alpini. Questo porterà nel tempo alla lenta e ineluttabile scomparsa, per esaurimento dei suoi membri, di quel collante sul nostro territorio che sono le sezioni dell'ANA (Associazione Nazionale Alpini). E già oggi, rispetto al passato, la presenza in Valle d’Aosta di alpini in servizio si è ristretta rispetto al passato e mi vengono in mente i giuramenti con centinaia di ragazzi nel cortile della Caserma Testa Fochi o le strade di Aosta piene di alpini in libera uscita. Mentre la sfilata attraverserà Aosta, pian piano a poca distanza si riempierà di persone l’arena della Croix Noire per la finalissima delle “Batailles de reines”, lo scontro delle bovine che mi fa tornare ragazzo, quando fui il primo telecronista a raccontare in diretta sui canali Rai le gesta delle nostre mucche combattenti. Potevo contare in quegli anni Ottanta sui preziosi consigli di Sandro, mio papà veterinario, che le reines le curava, specie di quelle patologie ovariche che spesso le tormentano. Ripenso con nostalgia a quei tempi e segnalo la vitalità di questi combattimenti (combats), che rappresentano in maniera fisica e suggestiva le radici antiche dell’allevamento del bestiame. Una sorta di sopravvivenza etnografica che illustra in maniera magistrale il legame fra il montanaro, il suo territorio e quel passaggio decisivo che fu l’addomesticamento degli animali. È sempre avvincente vedere le bestie si studiano, persino facendo finta di niente, ma proprio le telecamere delle mie dirette consentivano di svelare particolari di nervosismi e quegli occhi - ingiustamente definiti "bovini" - che si scrutano di sottecchi in un gioco di impercettibili di segnali reciproci, forse anche di odori che sfuggono alle nostre narici ma non alle loro, che possono, in certi casi, far decidere ad una delle due contendenti ad abbandonare il campo persino senza scontro diretto. In altre occasioni, invece, questa staticità è interrotta dall'inizio dello scontro, che può essere rapidisssimo come un "k.o." oppure protrarsi a lungo come una sorta di tango drammatico in cui le mucche interpretano delle vere e proprie figure, nel gioco dell'incrociarsi delle corna con i corpi frementi. Ma, come in una plaza de toros ma con logiche incruente, bisogna non solo guardare all'angolo di prato dove si svolge il combattimento, ma è bene allargare lo sguardo ai proprietari ed alla loro postura, mentre seguono le sorti della propria beniamina e lo stesso vale per il pubblico che passa dal silenzio all'acclamazione, soggiogato in momenti topici da quel magnetismo che viene dagli antichi gesti di scontri che richiamano un passato remoto,