L’aspetto peggiore in certe discussioni sul futuro del traforo del Monta Bianco è non prendere atto delle difficoltà incombenti. Intendiamoci: la posizione di chi spinge per il raddoppio del tunnel è legittima, ma che si sappia che la procedura per farlo è complessa e mai si potrebbe prescindere dalla parte francese, imponendo unilateralmente una volontà italiana. Parlavo poche settimane fa dell’oggettiva rottura fra la posizione italiana e quella francese con Hervé Gaymard, Président del Departement della Savoie e lo avevo già fatto con il suo collega della Savoie, Martial Saddier. Per chi non li conoscesse basta una ricerchina per capire che sono due politici di lungo corso e che il loro no al raddoppio non è un capriccio, ma la posizione di comunità intere nel solco dell’acclarata determinazione contraria delle massime autorità d’Oltralpe. Compresi i vertici della Région Auvergne-Rhône-Alpes come il Presidente Laurent Wauquiez e più in alto ancora a Parigi il Presidente Manuel Macron e il Primo Ministro Élisabeth Borne (già da Ministro dei Trasporti espresse il suo No). Di Chamonix e della Vallée dell’Arve si sa bene la ruvida intransigenza. Certo esistono per fortuna e per necessità la politica e il confronto fra i due Paesi alto livello, che bisogna affrontare con calma e determinazione, tenendo conto delle popolazioni locali che non sono belle statuine. Ma il tutto resterà un dialogo fra sordi se la discussione non sarà un confronto alla ricerca di una mediazione, che ritengo possibile, evitando che la questione somigli a un derby calcistico durante il quale agitare le bandiere nazionali. Il problema futuro del tunnel ha ormai un carattere europeo come chiave di volta, che obbliga al dialogo persino prioritario con Bruxelles, che definisce le necessità nei documenti recenti sulla Rete Transeuropea dei Trasporti, che non fanno cenno al Bianco. Gaymard, nel parlarmi della questione tunnel in senso più vasto, perché nel suo Département si sta costruendo la Torino-Lione ferroviaria, mi ha consigliato la lettura di un libro del 1965, anno di apertura del traforo del Monte Bianco. È intitolato - ed è tutto un programma - ”La guerre des tunnels-Histoire du tunnel routier sous le Mont-Blanc”, 135 pagine di una storia avvincente e illuminante, che si deve ad un chamoniard, Philippe Desailloud(1914-1983). Riporto una sua breve biografia: ”Descendant d'une vieille famille chamoniarde, orphelin de guerre, élève de l'École normale supérieure de Saint-Cloud, il fut professeur de lettres au collège d'Annemasse.Sous-lieutenant de chasseurs, mobilisé en 1939, il participe l'année suivante à l'expédition de Namsos puis à la bataille de France où une grave blessure met ses jours en danger. Au terme d'une longue convalescence, il rejoint la résistance et, après la libération, le front des Alpes. Lorsque s'achève la guerre, il porte les galons de capitaine et la légion d'honneur. Reprenant sa carrière dans les fonctions d'inspecteur de la jeunesse et des sports de la Savoie, il entre pour la première fois au conseil général en 1945. « Il en devient l'enfant terrible, vigoureux dans l'attaque, incisif dans la répartie, indépendant jusqu'à l'isolement, franc jusqu'à la brutalité et opiniâtre dans la réussite ». Sans autre étiquette politique que ses partis pris, son action est restée dans toutes les mémoires. C'est sur les terrains dont il était propriétaire au sud de Chamonix-Mont-Blanc qu'a été construit le village-piéton de Chamonix-Sud. Il a également été très impliqué dans la création du téléphérique de l'Aiguille du Midi3. En 1948, il fut en effet « la véritable cheville ouvrière de la réalisation actuelle, s'intéressant au projet qui semblait alors enlisé dans une impasse». Outre le téléphérique de l'Aiguille du Midi, le tunnel du Mont-Blanc, la rocade, sont autant de projets qu'il va défendre avec l'ardeur qui le caractérise. Dès les années 1960, en accord avec le maire Maurice Herzog, il défend une certaine conception du plan d'aménagement de la ville, basé sur deux pôles : les équipements publics au nord avec la cité Taillibert et résidentiel au sud ; il se battra jusqu'à sa disparition pour la création du village-piéton de Chamonix-Sud”. Poi, come dicevo, il libro: è un racconto, che cita anche esponenti valdostani e lo straordinario biellese Dino Lora-Totino cui si deve moltissimo. Si raccontano i passaggi storici che non consentirono dapprima di non avere nell’Ottocento un tunnel ferroviario sotto il Monte Bianco, ma portarono poi nel Novecento al tunnel stradale. Il libro in maniera approfondita cita personaggi straordinari, lotte fratricide fra favorevoli e contrari al tunnel sui due versanti e con i fautori del traforo del Gran San Bernardo in lizza contro il Bianco. Spunta anche un giudizio su mio zio, Séverin Caveri, così espresso: ”Le gouvernement régional est dirigé par CAVERI, leader de l’« Union Valdôtaine ». Ce parti autonomiste n'a pas un idéal politique bien defini, mais il sait très bien compter, et à la manière d'Emile OLLIVIER, sous Napoléon III, « il prend le bien de quelque main qu'il lui vienne ». Il veut garder pour lui toutes les ressources du Val d'Aoste, ne pas payer d'impôt à l'Etat Italien, mais en recevoir le maximum de subventions. Ils espèrent que les touristes français qui viendront par le Mont-Blanc se retouveront dans les hôtels valdôtains, en bonne compagnie avec les Suisses et les Allemands arrivés par le Saint-Bernard, pour le plus grand bien des finances locales. « Ils boiront ensemble à la « grolle » et nous leur prendrons leur argent... Il faut profiter au maximum ed la rivalité des groupes Piémontais. C'est une chance pour nous qu'ils ne soient pas d'accord entre eux» “. Questa è Politica e il risultato arrivò con entrambi i trafori costruiti e l’occasione consentì anche di ricordare ai francesi della Valle d’Aosta e del suo ruolo di cerniera e di minoranza francofona da salvaguardare. Ma proprio i sali e scendi, i colpi di scena, le difficoltà giuridiche ed economiche, i cambi di governo con amici e nemici e mille altre questioni dimostrano la complessità di cui certi semplificatori odierni sembrano non accorgersi. Esserne consci serve a far bene le cose e a scegliere oculatamente il da farsi su questo asse fondamentale per l’Europa attraverso le Alpi. Si potrebbe dire: gambe in spalla!